Al III Municipio di Roma tutto era pronto per trasformare la vecchia scuola di via Parini in un hub culturale a servizio di tutto il quartiere ma non solo. I fondi per riqualificare l’edificio e dargli una nuova destinazione erano quelli del Pnrr e quindi si stavano avviando tutte le procedure per il relativo appalto. E’ stato a quel punto che i tecnici del Comune di Roma hanno fatto una scoperta incredibile: quell’edificio non era più di proprietà del comune di Roma, bensì di una azienda agricola di Corigliano Rossano. Senza che nessuno ne sapesse nulla.

Ma partiamo dall’inizio. Secondo quanto riporta l’edizione romana di Repubblica, durante alcune verifiche da parte del III municipio e del dipartimento Patrimonio che con il progetto Atlante sta catalogando tutti gli immobili del Comune, è saltato fuori che il 5 luglio 2023 l’Agenzia delle Entrate ha sottoscritto un atto del 20 agosto 2021 riguardante l’ex istituto scolastico in base al quale l’immobile è stato registrato a nome di una società ubicata a contrada Amica, esattamente a metà fra i vecchi comuni di Corigliano e Rossano, che si occupa di produzione e commercializzazione di agrumi. Un vero e proprio mistero. Non solo perché non si capisce cosa se ne faccia un’azienda agricola di un vecchio immobile ubicato a 500 km di distanza dall’azienda, ma anche perché il Comune non aveva mai proceduto alla vendita dell’edificio.

Eppure le carte dicono il contrario. Una prima visura catastale conferma che al 17 febbraio 2022 il fabbricato risultava intestato a Roma Capitale come unico proprietario. Una successiva visura del 3 gennaio 2024 invece mostra che il fabbricato è di proprietà della società cosentina. Il rogito notarile, fra l’altro, è stato redatto da un notaio cosentino che il 18 maggio 2022 è stato sospeso per un anno dall’esercizio delle sue funzioni da parte del Consiglio Notarile dei Distretti riuniti di Cosenza, Rossano, Castrovillari e Paola.

Una vicenda che al Comune di Roma non sanno proprio spiegarsi. Per scrupolo hanno effettuato una serie di controlli dai quali però è emerso che l’immobile non solo è di Roma Capitale, ma risulta anche tra i beni cosiddetti indisponibili, ed è stato acquisito dal Comune nel 1940. Qualcuno a questo punto ha pensato ad una truffa in stile Totò con la fontana di Trevi. Per questo il dipartimento Patrimonio ha chiesto all’Agenzia delle Entrate e al Catasto l’annullamento della trascrizione e il ripristino dell’intestazione del bene a Roma Capitale. In più, ha informato la Procura della situazione affinché si indaghi sul caso per capire cosa sia davvero successo e se ci sono gli estremi per un’azione penale.