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Prosciolto dall’accusa di aver posto in essere una truffa ai danni di un’assicurazione a seguito di un incidente stradale. Questa la sentenza del gup del tribunale di Roma nei confronti Andrea Greco, presunto esponente della cosca degli “zingari” di Cosenza. L’imputato, altresì, è ritenuto componente di una presunta associazione dedita al narcotraffico gestita dalla famiglia Abbruzzese “Banana” di via Popilia.
L’incidente di Greco nel 2017
La presunta truffa assicurativa non ha retto davanti al giudice dell’udienza preliminare di Roma che ha valorizzato le argomentazioni difensive. L’avvocato Giorgia Greco infatti aveva evidenziato come il perito della procura di Roma avesse operato in modo erroneo al punto di inficiare la genuinità delle conclusioni a cui è giunto, accertando il sinistro mediante l’estrapolazione di foto in bianco e nero redatte dai carabinieri di San Fili al momento dell’incidente occorso nel 2017.
La difesa, rappresentata dall’avvocato Giorgia Greco, aveva rimarcato che i danni erano “diversi” da come emergeva «in maniera lapalissiana» dalla consulenza tecnica di parte che, nelle conclusioni, evidenziava che «dalle immagini della vettura danneggiata a seguito del rinvenimento, si evince che era danneggiata, tra l’altro, anche nella parte destra, e confrontandole con quelle del sinistro del 12 aprile 2017 (purtroppo solo in bianco e nero) si evince una bugna che potrebbe essere la medesima».
Nessuna prova
I «danni diversi» di cui parla l’avvocato Greco erano quelli rinvenuti a seguito del sinistro che aveva coinvolto Andrea Greco, auto per la quale nel 2018 l’altro co-imputato, F. G., ne aveva denunciato il furto parziale. Non vi è stata prova, secondo la difesa, del presunto accordo fraudolento tra i due imputati, escludendo che il dibattimento potesse aggiungere qualcosa rispetto a quanto già presente in atti. Questo è un caso in cui la riforma Cartabia, relativamente all’udienza preliminare, è stata applicata senza se e sena ma. La norma oggi prevede che si deve emettere una sentenza di non luogo a procedere quando «gli elementi acquisiti» non consentono «di formulare una ragionevole previsione di condanna».