Non c’era certamente il pubblico delle grandi occasioni ieri sera al cinema Garden ad ascoltare il monologo di Beppe Grillo “Io sono il peggiore”. In platea qualche attivista del M5S, qualche ex ormai deluso dal nuovo corso e tanti curiosi.

È lo stesso comico genovese ad ammetterlo sin dall’esordio dello spettacolo. «Facevo i palazzetti con diecimila persone io, la politica mi ha rovinato». Grillo sembra ormai lontano dalla creatura che ha partorito scardinando le certezze della politica italiana, le cose sembra che gli siano poi sfuggite di mano. Forse ha sottovalutato la politica che alla fine se lo è mangiato. Parlava di un movimento biodegradabile, il comico, invece il movimento continua ad esistere oltre il suo fondatore.

Ma quello della politica è solo uno dei rimorsi di Grillo che sembra essersi pentito anche nella fede totale nella tecnologia, mentre tiene ben salda la sua idea sul lavoro.

La scenografia dello spettacolo è essenziale: un tavolino con un drappo nero e una brocca d’acqua. È il corpo del comico il vero strumento scenico. Grillo non sta sul palco: gli gira intorno, prova ad instaurare un dialogo con il pubblico, suda, sbruffa «ho bisogno di sapere chi siete voi, chi sono io».

Rispondere a quest’ultima domanda è molto complicato perché complessa è la figura di Grillo. Uno che in Italia si è beccato oltre 150 querele, molte delle quali partite da ex esponenti del MoVimento «sindrome rancorosa del beneficiato», la definisce lui che assicura di non aver mai denunciato nessuno ma guai a chiedergli interviste che se c’è qualcosa che odia profondamente sono proprio i giornalisti.

Invece all’estero è studiato con grande ammirazione. Tutti sono stupiti del fatto che un comico, partito dalla provocazione del “vaffanculo” abbia portato dei signori nessuno al governo del Paese. Così ecco le immagini di Grillo col Dalai Lama, con i ministri del Giappone, con l’ex presidente dell’Uruguay Pepe Mujica. «È stato lui a chiamarmi perché voleva conoscermi, vi rendete conto? Era atteso nella sede della Uil a Milano. Io sono andato lì e un sindacalista ha detto che non potevo entrare. Allora sono andato da un barbiere che stava lì di fronte e ho chiacchierato con Mujica lì, senza nemmeno farci uno shampoo…». Grillo oggi si sente come Gesù, che ha anche interpretato in un film, prima osannato poi messo in croce «non posso morire scivolando nella vasca da bagno, capite?»

Il problema è proprio questo: la chiusura dello spettacolo. Grillo ovviamente non ha ricette e non potrebbe averle, ma sente di consigliare al pubblico una costante ricerca, perché sono le domande che fanno muovere il mondo e soprattutto le risposte a quelle domande, per quanto esse possano sembrare folli, fuori dagli schemi. Anzi. L’invito di Grillo al suo pubblico sempre meno numeroso è proprio quello: ragionare in maniera diversa, avere la scrivania piena di cazzate, prendersi il lusso di perdere tempo.

E il lavoro? Per Grillo oggi come oggi il lavoro è solo figlio della nostra immaginazione. Secondo alcune statistiche c’è una fetta, anche importante, di lavoratori che si recano in ufficio ma in realtà non fanno nulla. «Uno in Venezuela è morto sulla scrivania, i colleghi pensavano dormisse, se ne sono accorti dopo tre giorni». Basta allora con questa ossessione, questa frase terribile “guadagnarsi da vivere”.

«Ci sono altre cose oltre al reddito, il lavoro dipendente nasce dalla necessità di risparmiare. Prima c’erano gli schiavi, li pagavi e facevi di tutto per mantenerli in salute perché erano il tuo investimento. Poi i padroni hanno capito che era più economico far credere agli schiavi di essere dei dipendenti. Così oggi si lavora per quattro spicci, per lavori che non servono a nulla. Allora il reddito di cittadinanza sarà perfettibile, si può migliorare ma intanto c’è. Allora perché non aumentare il contributo e dare a tutti uno stipendio di 1500 euro. Non si può fare? In Europa ci sono territori che lo stanno già sperimentando». In Calabria invece ci sono tanti giovani che aspettano solo una occasione per mettersi alla prova.