È morto a 80 anni James Senese, sassofonista, cantante e fondatore degli Showmen e dei Napoli Centrale, oltre che storico membro della band di Pino Daniele. Il musicista, simbolo del Neapolitan Sound, si è spento a causa di una grave infezione polmonare che lo aveva costretto al ricovero in terapia intensiva al Cardarelli di Napoli, nella notte tra il 24 e il 25 settembre. Le sue condizioni, già compromesse da anni di dialisi, si sono rapidamente aggravate. A dare la notizia della sua scomparsa è stato l’amico fraterno e compagno di palco Enzo Avitabile.

Senese era considerato una delle voci e dei volti più autentici della Napoli musicale, capace di fondere il jazz con la tradizione partenopea, il funk con la rabbia dei vicoli, la melodia con l’impegno sociale. La sua carriera attraversa mezzo secolo di musica italiana, dagli anni Settanta fino alle più recenti esibizioni, sempre con l’orgoglio e la grinta del ragazzo di Miano che aveva imparato a suonare il sax ascoltando John Coltrane.

Le origini e la scoperta del jazz

Figlio di una donna napoletana, Anna Senese, e di un soldato afroamericano, James Smith, arrivato a Napoli dopo lo sbarco degli Alleati, James Senese amava definirsi “figlio ‘e guerra”. Cresciuto nel quartiere popolare di Miano, lavorò in gioventù come muratore, benzinaio e portantino, prima di scoprire la sua vera vocazione: il sax. A soli 12 anni ascoltò per la prima volta John Coltrane, restando folgorato da quel suono: “All’inizio lo buttai via perché non capivo, poi mi sono risvegliato dal sonno. L’ho riascoltato e mi sono innamorato”, raccontò anni dopo.

Dopo i primi studi privati e il diploma, arrivò la svolta con gli Showmen, band R&B fondata insieme a Mario Musella. Con loro incise brani di grande successo come Mi sei entrata nel cuore e Tu sei bella come sei, partecipando anche al Festival di Sanremo del 1969.

La rivoluzione dei Napoli Centrale

Nel 1975, dopo l’esperienza con gli Showmen 2, nacquero i Napoli Centrale, formati insieme al batterista Franco Del Prete, grazie all’incontro organizzato da Eduardo De Filippo. Fu l’inizio di una nuova era musicale: la band mescolò jazz, rock e dialetto, raccontando la Napoli proletaria e ribelle. Con brani come Campagna, ‘Ngazzate nire, Napule t’è scetà e Simme iute e simme venute, Senese portò nel panorama italiano un suono inedito, crudo e potente, che avrebbe aperto la strada a generazioni di musicisti del Sud.

“Abbiamo rotto definitivamente con la tradizione – ricordava Senese – perché fino ad allora o facevi Peppino Di Capri o la classica canzone napoletana. Noi abbiamo aperto la porta a chi non aveva dove andare”.

L’incontro con Pino Daniele

Fondamentale nella sua carriera fu il legame con Pino Daniele. Fu proprio Senese a offrirgli una delle prime occasioni importanti: “Avevamo bisogno di un bassista, ma lui suonava la chitarra e non aveva i soldi per comprarsi un basso. Glielo comprai io. Da allora siamo diventati fratelli.”

Anni dopo, i ruoli si invertirono: Senese entrò nella superband di Pino Daniele insieme a Tullio De Piscopo, Rino Zurzolo, Joe Amoruso ed Ernesto Vitolo, contribuendo a capolavori come Terra mia e Nero a metà.

La sua voce roca e il suono inconfondibile del suo sax hanno reso riconoscibile ogni brano, ogni nota, ogni apparizione. Anche al cinema: Senese interpretò se stesso in No grazie, il caffè mi rende nervoso di Lodovico Gasparini, accanto a Lello Arena e Massimo Troisi.

L’eredità di un suono immortale

Negli anni successivi, alternò i progetti solisti alla seconda vita dei Napoli Centrale, riformati nei primi anni Novanta. Il suo repertorio più recente include brani come ‘O Sanghe e Hey James, testimonianza di un artista che non aveva mai smesso di interrogarsi e rinnovarsi.

Dopo la scomparsa della moglie Rina, tre anni fa, la sua musica era rimasta la compagna più fedele. Fino all’ultimo concerto, Senese è rimasto sul palco con la stessa intensità di sempre, orgoglioso della sua Napoli e del suono che aveva reso universale.

James Senese lascia un vuoto profondo nella musica italiana, ma anche un’eredità fatta di libertà, radici e passione. Come amava dire: “Io non suono per piacere alla gente. Suono perché dentro ho un vulcano, e se non lo faccio esplodo.”