Il femminicidio di Sara Campanella ha lasciato sgomenta l’Italia intera. Una giovane donna piena di vita, di sogni e di affetti, uccisa brutalmente per strada a Messina da un uomo che, a detta della sua stessa famiglia, non aveva mai fatto parte della sua vita. La madre di Sara, Cetty Zaccaria, ha parlato con il Corriere della Sera per cercare di restituire la verità sulla sua ragazza, smentendo categoricamente qualsiasi relazione con Stefano Argentino, l’uomo che l’ha uccisa.

“Mai sentito nominare”

“Mai. Nessuno di noi sapeva della sua esistenza, nessuno l’aveva sentito nominare. E certo non sono mai stati insieme” afferma con forza Cetty. Parole che pesano come macigni in un contesto in cui troppo spesso si cerca di trovare una giustificazione per gesti inqualificabili, come se un qualche legame, anche solo percepito, potesse in qualche modo spiegare l’orrore. Ma Sara non aveva alcun rapporto con il suo assassino, non ricambiava alcun sentimento e non aveva mai dato segnali di una possibile minaccia.

La ragazza era circondata da amici, da persone che la stimavano, ed era, come racconta la madre, “una ragazza positiva, buona, che non vedeva il male negli altri”. Una caratteristica che l’ha resa vulnerabile, inconsapevole del pericolo che stava correndo. Nonostante il dibattito pubblico sulla violenza di genere sia sempre più acceso, troppe vittime non si rendono conto della pericolosità di certe attenzioni non richieste, della violenza latente che può nascondersi dietro la frustrazione e l’ossessione di chi non accetta un rifiuto.

“Se avessimo saputo, l’avremmo accompagnata a denunciare”

Cetty Zaccaria sottolinea che la famiglia avrebbe agito immediatamente se solo avesse avuto il minimo sospetto. “Se avessimo avuto il minimo sentore che qualcosa non andava, l’avremmo accompagnata noi a fare denuncia. È nella nostra mentalità. Non avremmo esitato un istante”. Un’affermazione che racchiude un dolore doppio: quello della perdita e quello del non aver avuto modo di prevenire l’irreparabile.

Le parole della madre di Sara sono un appello forte e chiaro a tutte le donne: denunciare, non restare in silenzio. “Io sono convinta che rivolgersi alle forze dell’ordine sia la strada giusta e invito tutte le vittime a denunciare. L’ho detto: ‘Fatelo: è importante, non restate in silenzio’.”

Eppure, nel caso di Sara, non c’era stato nemmeno il tempo di rendersi conto della minaccia. Non c’erano stati segnali d’allarme evidenti. Argentino, dal canto suo, ha dichiarato durante l’interrogatorio di aver creduto che Sara ricambiasse il suo interesse, un’illusione che si è trasformata in ossessione. Ma la famiglia smentisce categoricamente questa versione: “Sara non nutriva alcun sentimento per lui, altrimenti lo avremmo saputo”. E a confermare la totale assenza di legame ci sono le testimonianze delle amiche e dei colleghi universitari, oltre ai messaggi che lui le inviava e alle risposte di Sara, che rivelano chiaramente che non c’era nulla tra loro.

Un’illusione trasformata in tragedia

Ciò che è avvenuto nella mente di Argentino è qualcosa che probabilmente non sarà mai spiegabile fino in fondo. Cetty Zaccaria lo dice chiaramente: “Non potrà mai essere giustificata né perdonata”. Un’ossessione nata senza alcun fondamento, un amore inesistente che si è trasformato in violenza cieca e distruttiva.

“Si sarà voluto illudere, in fondo ognuno crede quel che vuole credere. Avrà scambiato la gentilezza di mia figlia, che era un tratto del suo carattere, per altro.” Ed è proprio questo il nodo centrale della vicenda: il fraintendimento della gentilezza femminile come un’apertura, come un invito. Un problema culturale, radicato nella convinzione che la donna non abbia il diritto di scegliere a chi concedere le proprie attenzioni.