Laura Santi, giornalista di Perugia, è morta all’età di 50 anni, auto-somministrandosi un farmaco letale dopo una lunga lotta con la sclerosi multipla. La sua morte è avvenuta a Perugia, circondata dall'affetto del marito Stefano, che le è stato accanto durante tutta la sua battaglia per il suicidio assistito. La giornalista, infatti, era affetta da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla, che l'aveva ridotta a una condizione di grande sofferenza fisica e psicologica.

Il diritto al suicidio assistito

Santi, attivista dell’associazione Luca Coscioni, aveva lottato per anni per poter accedere al suicidio assistito, ottenendo finalmente il permesso dal tribunale dopo che l’Usl umbra le aveva inizialmente negato il diritto. È stata la prima persona in Umbria a ottenere il permesso di accesso al farmaco letale, diventando la nona in Italia. Il marito di Laura, Stefano, ha sottolineato che dopo l’ultimo anno di peggioramento feroce delle condizioni della moglie, le sofferenze erano diventate intollerabili.

Le parole di Laura Santi

In un'intervista, Laura aveva spiegato la sua scelta in modo chiaro e determinato: "Io sono completamente tetraplegica, ho perso le braccia, il tronco, sono in sedia a rotelle da 16 anni, ho incontinenza, spasmi dolorosi." Le sue parole risuonavano di un grido di sofferenza e di libertà di scelta: "Mi chiedo se voglio continuare a vivere così", diceva, evidenziando il suo desiderio di essere libera di scegliere il momento della sua morte. La sua lotta non è stata solo per sé, ma anche per tutti coloro che, come lei, vivono in condizioni insostenibili, senza possibilità di scelta.

Un caso che segna il dibattito sulla morte dignitosa

La morte di Laura Santi segna una nuova tappa nel dibattito italiano sul diritto alla morte dignitosa e sul suicidio assistito. La sua vicenda solleva interrogativi su come lo Stato debba garantire a chi soffre diritti di scelta e autonomia, anche quando la vita non è più vivibile per chi la sperimenta ogni giorno. La sua decisione, dolorosa e ponderata, ha dato voce a una battaglia personale, ma anche a una questione sociale e legale che continua a coinvolgere milioni di persone.