Chi ha frequentato l’università senza lavorare potrebbe ritrovarsi, al momento della pensione, con un “buco” nei contributi versati. Un vuoto che può allontanare l’età del ritiro o ridurre l’importo dell’assegno mensile. Per colmarlo esiste una possibilità offerta dall’Inps: il riscatto della laurea. Ma attenzione, non è gratis e non sempre conviene. Il riscatto consente di trasformare gli anni di studio universitario in anni contributivi, anticipando così la pensione o aumentandone l’importo. Può essere richiesto per lauree triennali, magistrali, vecchio ordinamento, diplomi universitari, ITS, AFAM, dottorati e specializzazioni (minimo due anni), purché non si tratti di anni fuori corso o periodi in cui si è già lavorato.

Due le modalità disponibili: ordinaria, con un costo calcolato sul reddito annuo (pari al 33% del lordo per ogni anno da riscattare), e agevolata, con importo fisso (circa 6.123 euro per anno nel 2025), basato sul reddito minimo degli artigiani. La scelta è irreversibile. Il riscatto è più vantaggioso per chi inizia a lavorare giovane, ha redditi bassi e aderisce al sistema contributivo. Meno per chi ha iniziato tardi o ha redditi elevati.

Va considerato anche l’aspetto fiscale: nel caso ordinario l’importo è deducibile, in quello agevolato è detraibile, con potenziali risparmi sull’Irpef. La domanda può essere presentata online all’Inps o tramite patronato, e il pagamento può essere dilazionato fino a 120 rate mensili, senza interessi.

Insomma, il riscatto della laurea può essere un investimento per il futuro, ma va valutato con attenzione: ogni caso è diverso e un simulatore online Inps può aiutare a fare i conti giusti.