di Giovanni Nostro

Ho sempre pensato che i due grandi difetti della politica calabrese fossero il trasformismo messo in atto con spregiudica fierezza da personaggetti privi di ideali ovvero di semplici idee, che muovono considerevoli flussi di voti basando la loro azione politica quasi esclusivamente sul clientelismo spinto che trae forza e vigore, indispensabile per la propria sopravvivenza politica, dalla condizione di disagio in cui versano intere aree economicamente, socialmente e culturalmente depresse della nostra amata regione e dall’ingratitudine figlia di quella mancanza di valori e princìpi umani che andrebbero posti sempre e comunque a presidio della propria azione politica con l’unico imperativo d’obbligo consistente nel divieto assoluto del venir meno o peggio ancora del barattare questi valori a fronte di qualsiasi lauta ricompensa o tornaconto politico personale.

Vi consegno questa considerazione dopo aver letto l’ennesima sentenza favorevole all’ex presidente della regione Calabria On. Mario Gerardo Oliverio, che lo assolve, stavolta in sede erariale, da un imputazione di danno erariale commesso ovviamente nel periodo in cui presiedeva la regione; Quella di Mario Oliverio è certamente una storia da raccontare, tralascio in questa sede l’aspetto penale che correttamente va esaminato e deciso dagli organi competenti nelle opportune sedi giudiziarie, non potendomi però esimere dall’ evidenziare, già in questa sede, come i procedimenti penali giunti a definizione che lo hanno interessato, hanno restituito altrettante sentenze di assoluzione, proscioglimento predibattimentale o addirittura archiviazioni.

L’aspetto invece su cui mi voglio soffermare è quello squisitamente politico di un uomo che vanta un palmares di prim’ordine, essendo stato eletto quattro volte consecutive alla Camera dei Deputati, due volte presidente della provincia di Cosenza, una volta sindaco della città natia San Giovanni in Fiore, due volte consigliere regionale fino a diventare infine Presidente della regione Calabria nel quinquennio dic. 2014- feb. 2020, riportando un risultato elettorale schiacciante pari al 61% dei consensi espressi dal corpo elettorale calabrese. A questo punto inspiegabilmente si spegne la sfavillante luce politica di Oliverio, una luce, si badi bene, spenta non democraticamente e legittimamente dagli elettori ma…dal suo stesso partito che non gli rinnova la fiducia per la ricandidatura alla presidenza della regione preferendogli un altro candidato (Filippo Callipo) che alle elezioni del 2020 viene travolto dall’onda rosa messa in campo dal centrodestra con la compianta On. Iole Santelli, successo del centrodestra ulteriormente ribadito anche con la vittoria di Roberto Occhiuto a seguito della prematura scomparsa della Santelli, in entrambi i casi i la vittoria del centrodestra ha fatto registrare consensi che si assestano oltre il 55%, imponendo distacchi siderali ai candidati del pd che in entrambe le tornate elettorali vennero praticamente doppiati, segno inequivocabile di come le scelte del candidato a presidente delle regione decise dal partito democratico nazionale e ragionale fossero decisamente sbagliate e controproducenti, scelta resa ancor più nebulosa dalla circostanza che il quinquennio regionale a guida Oliverio aveva rappresentato per il PD l’ultimo periodo connotato da apprezzabili risultati regionali unitamente ad alte percentuali di gradimento prima  che il partito democratico intraprendesse un costante e inesorabile declino elettorale.

Cui prodest? A questa domanda i dirigente del partito democratico regionale dovrebbero sinceramente rispondere, in primis agli elettori del centrosinistra e agli iscritti e simpatizzanti del loro stesso partito; Forse Oliverio stava diventano troppo influente all’interno del partito??, forse la sua azione politica stava offuscando le mire dei suoi stessi compagni di partito? Un novello Giulio Cesare che andava politicamente fermato, rieditando le storiche “Idi di Marzo” che qui (scuserete il gioco di parole) diventano le “Idi di Mario” (Oliverio)!! Le scelte successive (visti i risultati elettorali conseguiti) avrebbero dovuto consigliare di leggere prima i libri di storia per capire che fine hanno fatto nel breve termine di pochi anni tutti i congiurati di Cesare, non sta certo a me identificare chi sia stato quel…”tu quoque Brute fili mi..” ma una cosa è certa: in questo contenitore privo di contenuti chiamato partito democratico, tutti gli esponenti nazionali e regionali avrebbero dovuto cospargersi il capo di cenere ed andare in processione a casa di Mario Oliverio e restituire, all’uomo prima che al Presidente, tutti i sorrisi negati in questi anni e in un rumoroso silenzio proferire una sola parola…“scusa”.!!