Il leader di Italia del Meridione critica l’alleanza di centrosinistra e soprattutto un Pd «che si lascia trascinare senza reagire» in «un’alleanza contro natura tra garantisti di sinistra e giustizialisti grillini»
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Pubblichiamo la riflessione di Orlandino Greco, sindaco di Castrolibero e leader di Italia del Meridione, sulle Regionali del 5 e 6 ottobre.
Le elezioni regionali d’autunno si annunciano come un banco di prova non solo per il centrosinistra, ma soprattutto per la tenuta del cosiddetto “campo largo”, ormai sempre più ridotto a un’alleanza fragile e priva di identità. Diverse regioni saranno chiamate al voto – Campania, Calabria, Toscana, Marche, Veneto, Puglia e Valle d’Aosta – ma già adesso emerge un dato politico chiaro: l’egemonia del Movimento 5 Stelle.
Il partito di Conte, pur senza più Grillo in prima linea, continua a giocare la stessa partita populista di sempre, come aveva già fatto Di Maio ai tempi del governo gialloverde: meno politica, più propaganda. Il risultato? Il Pd e l’intero centrosinistra si ritrovano ostaggio delle bandierine grilline.
In Calabria i 5 Stelle hanno già scelto Pasquale Tridico come candidato, mentre in Campania pare che si sia arrivati all’accordo sul nome di Roberto Fico. Scelte calate dall’alto, che confermano la subalternità del Pd a Conte. E fa quantomeno sorridere vedere, proprio in Calabria, un’alleanza forzata tra i garantisti di sinistra e i giustizialisti grillini: due culture politiche opposte che si ritrovano insieme solo per convenienza elettorale.
Conte, del resto, non ha smesso di agitare il vessillo del reddito di cittadinanza, nonostante la misura sia stata smantellata: un paradosso che mostra come i 5 Stelle abbiano bisogno di slogan facili per sopravvivere, mentre il Pd si lascia trascinare senza reagire. La linea politica è dettata da chi punta sul consenso immediato, non da chi dovrebbe garantire stabilità e visione.
Il cosiddetto campo largo, che nelle intenzioni dovrebbe includere Pd, M5S, Azione e Italia Viva, si conferma per quello che è: un’armata Brancaleone senza bussola, divisa tra i populismi grillini e il trasformismo di Renzi e Calenda, che in un barlume di lucidità ha dichiarato che non sosterra in nessuna regione candidati Grillini. Altro che progetto politico: è un’alleanza contro natura, destinata a reggere solo finché serve a conservare qualche poltrona.
Campania e Calabria saranno i veri laboratori di queste contraddizioni. Se il Pd continuerà a farsi dettare la linea da Conte, rinunciando a guidare il centrosinistra, il risultato sarà un campo largo che largo non è, ma debole, incoerente e paralizzato. Le regionali d’autunno diventano così molto più di un voto locale: saranno il test definitivo per capire se questa sinistra ha ancora una strategia o se resterà succube del populismo grillino, incapace di offrire al Paese un’alternativa credibile.
Il Sud, in particolare, non può più attendere. Ha bisogno di crescita, di investimenti, di sviluppo e di lavoro. Serve uno sforzo straordinario per passare da terra di consumo a terra di produzione, capace di generare futuro. No a forme di assistenzialismo fine a se stesso: il vero reddito di dignità è il lavoro. Ma dalla sinistra ostaggio dei 5 Stelle non arriverà mai questa visione: solo immobilismo, propaganda e promesse destinate a svanire.