La Calabria si avvicina al voto del 5 e 6 ottobre prossimi con il fiato sospeso, in una campagna elettorale che non è solo una sfida politica, ma un referendum sul futuro di una regione martoriata da disoccupazione, sanità al collasso e un’emigrazione che svuota i suoi paesi. Al centro di questa contesa c’è Pasquale Tridico, economista di fama, ex presidente dell’Inps e candidato di un centrosinistra unito – un “campo larghissimo” che spazia da PD e M5S a Italia Viva, Alleanza Verdi-Sinistra e Rifondazione Comunista – contro il governatore uscente Roberto Occhiuto, abile narratore del centrodestra. I sondaggi, come quello Emg/Masia del 22-23 agosto che dà Occhiuto al 60% e Tridico al 37% , tracciano un solco profondo, ma il vero campo di battaglia è la comunicazione. In una terra dove la disoccupazione giovanile sfiora il 40% (dati ISTAT 2025), la sanità perde 400 milioni annui in mobilità passiva e l’astensionismo ha toccato il 56% alle ultime regionali, comunicare non è solo strategia: è il ponte per riaccendere la speranza. Eppure, la campagna di Tridico e della sua coalizione, pur sostenuta da una visione etica e da un profilo di alto spessore, inciampa in errori grossolani, difetti strutturali e divisioni che ne offuscano il potenziale, lasciando il governatore uscente dominare il racconto con una propaganda radicata e spietata. Analizziamo luci e ombre di questa comunicazione, per capire dove il centrosinistra riesce a brillare e dove, invece, si perde nei vicoli della Calabria.

Tridico, un profilo lontano dai giochi politici locali

Pasquale Tridico si presenta con un curriculum che parla da solo: economista dell’Università Roma Tre, europarlamentare, artefice del Reddito di Cittadinanza che, secondo dati Inps 2023, ha ridotto del 20% la povertà estrema in Calabria. La sua candidatura, sostenuta da una coalizione di 12 forze politiche – un’alleanza inedita che va da Conte a Schlein, passando per Calenda (pur con frizioni) e movimenti civici come quello di Flavio Stasi – è un punto di forza. Il suo slogan, “Resta, Torna, Crediamoci”, è un inno potente, che tocca le corde profonde di una regione segnata dall’emigrazione: non solo un invito a non abbandonare la Calabria, ma una promessa di trasformarla in una “terra del ritorno” .

La comunicazione di Tridico brilla per la sua base programmatica: la sanità è al centro, con un piano ambizioso per azzerare il debito e ridurre la mobilità passiva, affiancato da proposte come il “Reddito di Dignità”. Quest’ultimo, ben distinto dal Reddito di Cittadinanza, non è un sussidio cieco ma un minimo vitale legato a politiche attive – formazione, accesso a bandi europei, incentivi per l’autoimprenditorialità – con un budget stimato di 200 milioni annui da fondi UE, contro i soli 15 milioni erogati dai bandi regionali come Fusese . Tridico si distingue anche per il suo approccio razionale: quando Occhiuto lo attacca, accusandolo di “assistenzialismo” e “mancette elettorali”, lui replica con dati e chiarezza, smontando le critiche: “Occhiuto e i suoi pseudo-economisti dovrebbero studiare di più”.

Endorsement come quello del sindaco di Corigliano-Rossano, Flavio Stasi, e intellettuali come Donatella Di Cesare rafforzano il suo appeal tra i progressisti e i giovani, mentre il richiamo agli astenuti – “Crediamoci” – punta a mobilitare un elettorato sfiduciato, in una regione dove l’affluenza è crollata. Il suo profilo “pulito” è un altro pregio: in un contesto segnato dall’inchiesta per corruzione su Occhiuto, che ha costretto il governatore alle dimissioni anticipate, Tridico si pone come un’alternativa etica, lontana dai giochi di potere locali.
 

La gente vuole storie, non lezioni: il limite di Tridico

Eppure, nonostante queste premesse, la comunicazione di Tridico e della sua coalizione inciampa in errori che ne minano la credibilità e l’efficacia. Il primo, e più grave, è il tono professorale e astratto. Tridico parla di fisco europeo, politiche di welfare nazionale e modelli macroeconomici, ma fatica a tradurre la sua competenza in un linguaggio che risuoni con i calabresi. In una regione dove la sanità è un dramma quotidiano – con liste d’attesa di mesi e ospedali al collasso – e la disoccupazione giovanile spinge i ragazzi a emigrare (il 60% degli under 35 ha lasciato la Calabria negli ultimi 10 anni, dati Svimez 2025), la gente vuole storie, non lezioni.

La sua campagna manca di narrazioni emotive: nessun video virale che mostri Tridico tra i paesi spopolati, nessuna testimonianza di giovani tornati per aprire un’azienda agricola, nessun appello diretto alle famiglie che lottano con bollette e precarietà. I suoi post sui social sono didascalici, pieni di dati e programmi, ma privi di quel calore umano che potrebbe galvanizzare gli indecisi. L’engagement digitale è basso – i suoi contenuti raramente superano il 5% di interazioni rispetto al 28% dei reel di Occhiuto – e la sua presenza nei media locali è schiacciata dalla macchina del centrodestra, che domina con spot e comizi ben orchestrati.

La fragilità della coalizione di centrosinistra

Il secondo difetto è la fragilità della coalizione, che, pur unita sulla carta, tradisce divisioni e disorganizzazione. La scelta di Tridico è arrivata tardi, dopo mesi di veti incrociati su nomi come Mimmo Lucano, Anna Falcone o Orrico, bocciati da varie anime del centrosinistra. Questo ritardo ha dato a Occhiuto un vantaggio iniziale, con una campagna già avviata mentre il centrosinistra ancora litigava.

Le gaffe non aiutano: un manifesto con errori grammaticali (“La Destra... sanno”) ha fatto il giro dei social, regalando munizioni al centrodestra, che ha ironizzato sull’“armata Brancaleone”. La polemica su Donatella Di Cesare, accusata di posizioni “rossobrune” per un’intervista sulle Brigate Rosse, ha ulteriormente frammentato l’immagine della coalizione, con Calenda che ha preso le distanze, definendo l’alleanza “un minestrone ideologico”. Questi scivoloni alimentano la percezione di un centrosinistra disorganizzato, incapace di parlare con una voce sola.

L’approccio rancoroso e reattivo

Il terzo errore è l’approccio rancoroso e reattivo. Tridico ha scelto di puntare sull’inchiesta per corruzione che ha travolto Occhiuto, denunciando “sondaggi pilotati” (commissionati con 33.000 euro da una società legata alla Regione) e criticando i “falsi successi” del governatore . Ma questo tono, invece di costruire una narrazione propositiva, appare come un lamento sterile, che non capitalizza il malcontento verso il centrodestra. Occhiuto, abile comunicatore, ribatte dipingendo Tridico come un “professore importato” senza radici calabresi, sottolineando la sua “subordinazione ai diktat di Conte” e il rischio che torni a Bruxelles in caso di sconfitta. Tridico non risponde mai sul piano personale, lasciando che queste accuse attecchiscano, e non riesce a trasformare l’inchiesta su Occhiuto in un’arma narrativa efficace, come un racconto di riscatto per una Calabria “libera dai vecchi poteri”. Il risultato è un centrosinistra percepito come “rancoroso e senza idee”, che non riesce a ridurre il gap nei sondaggi né a mobilitare gli astenuti.

Tridico, una campagna che non parla al cuore dei calabresi

La campagna di Tridico ha un potenziale enorme, ma si perde in un linguaggio che non parla al cuore dei calabresi e in una coalizione che, pur unita, non riesce a trasformare la sua visione in un movimento popolare. La Calabria, con il suo 56% di astenuti e un tessuto sociale ferito, non vuole solo programmi ma cerca una storia che ispiri, un leader che cammini tra la sua gente, un messaggio che trasformi la rabbia in speranza. Immaginate una campagna diversa: Tridico che visita i paesi dell’Aspromonte o della Sila, raccontando con video emozionanti le storie di chi è tornato per aprire un’azienda agricola, magari grazie a fondi europei che lui sa come ottenere. Oppure, una coalizione che, invece di perdersi in gaffe, organizza assemblee partecipate nei piccoli comuni, dove il “Reddito di Dignità” viene spiegato come un ponte verso il lavoro. Pensate a manifesti che, invece di errori grammaticali, mostrino volti di giovani calabresi che credono nel ritorno, con dati chiari: “Con 200 milioni di fondi UE, 10.000 posti di lavoro in 5 anni”. O a una comunicazione digitale più incisiva, con reel che non solo elencano numeri, ma mostrano Tridico accanto a medici precari o pescatori di Bagnara, parlando di come la sanità e il turismo possono rinascere. Non serve stravolgere il programma, ma radicarlo nella vita quotidiana: meno slide, più strette di mano; meno accuse, più sogni concreti.

La Calabria non è solo la terra delle partenze, ma un luogo che può rinascere se la politica imparerà a parlare con il suo linguaggio. Tridico ha la competenza per guidare questo riscatto, ma deve scendere dal podio accademico, sporcarsi le scarpe nei vicoli di Locri o di Vibo, e raccontare una Calabria che non si arrende. Solo così, il suo “Crediamoci” potrà diventare il grido di una regione che si rialza, unita, verso un futuro che merita.

*Documentarista