Qualcuno definisce il virus respiratorio sinciziale il covid dei più piccoli. Responsabile della bronchiolite, colpisce i bambini entro i due anni di età. Nello scorso inverno anche la Calabria ha dovuto fare i conti con la diffusione di questa epidemia. Centinaia gli accessi al pronto soccorso e pediatrie rimaste sotto assedio per settimane.

Nei casi più gravi si è reso necessario il ricovero in terapia intensiva neonatale. In ambito medico scientifico però, è giunta una importante novità. Un vaccino è stato reso disponibile, un farmaco in grado di debellare quasi completamente la malattia. Si tratta del Nirsevimab, un anticorpo monoclonale efficace nella prevenzione delle infezioni delle basse vie respiratorie. Ma la Calabria non potrà erogarlo: «Purtroppo questo farmaco è stato inserito nella fascia C – spiega Gianfranco Scarpelli, direttore del Dipartimento materno-infantile dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza – quindi è un farmaco extra Lea, cioè che non rientra tra le prestazioni che incidono sui Livelli Essenziali di Assistenza. Per cui nella Calabria commissariata, non può essere impiegato a spese del Servizio Sanitario, poiché la regione è in piano di rientro.

Si profila quindi il paradosso che alcune regioni procederanno alla campagna vaccinale mentre la Calabria, già sofferente perché da 15 anni soggetta a commissariamento, non potrà utilizzare questo farmaco». Il subcommissario Ernesto Esposito si è impegnato a trovare una soluzione ma la paventata disparità di accesso alle cure, evoca gli scenari che potrebbero aprirsi con l’autonomia differenziata. Sotto il profilo finanziario inoltre, investire nella somministrazione del farmaco, consentirebbe anche di risparmiare ingenti risorse: «Perché vaccinare i nuovi nati ci costerebbe in provincia di Cosenza un milione di euro – sottolinea Gianfranco Scarpelli – mentre per i ricoveri ospedalieri dei piccoli colpiti dalla bronchiolite nell’inverno scorso abbiamo speso più di tre milioni».