C’era una volta un leone a Cosenza. Erano i “ruggenti” anni Sessanta di una città che si ricorda oggi con il seppiato della nostalgia. Le strade parevano immense, il passeggio era ordinato, i divertimenti semplici (un gelato, una passeggiata, un film al cinema Isonzo). Il Circo Heros Togni, quell’anno, aveva fatto tappa a queste latitudini, richiamando la golosa attenzione dei più piccoli e dei ragazzi che aspettavano che il vento gonfiasse i tendoni per godere di un evento grandioso e raro. Claudio Zavatta, l’uomo volante, l’acrobata più atteso, s’allenava ad arrotolarsi veloce sulla fune tra gli applausi del pubblico che stava col naso all’insù, e nei carri se ne stavano stipati tigri, leoni e ippopotami. Chi li aveva visti mai gli ippopotami se non nelle reclame. Nel 1961, fece rumore l’incidente occorso al domatore che stava girando una pubblicità per il marchio Gillette. Il leone Mirko “lisciò” il suo volto con una zampata.

I due leoni e una Villa

Questa storia cosentina parla di un leone cieco e di un guardiano avventato. Di tanto in tanto – come è accaduto in questi giorni leggendo la pagina Fb “Il senso del tempo, il valore del posto” – basta un semplice commento, una domanda («Qualcuno ricorda di quella volta che…») a rispolverare un ricordo condiviso e antico.

Due leoni arrivarono a Cosenza col profumo dello zucchero filato e delle noccioline scaldate. Erano piuttosto malandati già dalla nascita e il direttore del circo non sapeva che farne di quei due fratelli, un maschio e una femmina, acciaccati e un po’ malaticci. In pista non ci potevano proprio andare, e se non servivano a far cassa, allora non servivano a niente.

Eros e Sabrina

Uno portava il nome altisonante di Eros, in omaggio al nome del circo (ma senza H), l’altra si chiamava Sabrina come il celebre personaggio interpretato da Audrey Hepburn nell’omonimo film del 1954. I due leoni se ne stavano in gabbia insieme, aspettando che il direttore decidesse cosa fare e come farlo. In fondo sbarazzarsi di loro non era proprio come portar fuori un gattino e lasciarlo un quartiere più in là.

Un giorno Eros ricevette il colpo di grazia da sua sorella Sabrina, durante un momento di gioco. Un filo di paglia – così raccontano – si ficcò in un occhio provocandogli un danno permanente. Il leone divenne cieco dall’occhio destro e con una bella cicatrice verticale che oggi ricorderebbe lo Scar disneyano. La carovana decise che ormai era un inutile fardello, così proposero al sindaco di Cosenza di tenerlo in città. I Togni non sapevano che farsene di un re della savana diventato utile come un babbuino storpio e Cosenza, in fondo, di spazi ne aveva a sufficienza per un leone malmesso che, però, un po’ faceva scena. Sabrina, di salute precaria, morì poco dopo levando i circensi dall’imbarazzo.

Il circo Heros levò presto le tende senza Eros. Caricò gli elefanti, gli acrobati e i clown, e partì. Nonostante il fato non gli avesse sorriso dalla nascita, per un po’ Eros fu trattato come una stella. Nella Villa Vecchia, vicino ai campi da tennis, venne costruita una gabbia che divenne la sua nuova casa. I bambini tiravano per la giacca i genitori affinché li portassero a vedere quella bestia che s’aggirava lungo il perimetro della recinzione un po’ dondolando e un po’ ruggendo. Il momento più atteso della giornata era quello all’ora di pranzo. E qui entrò in gioco tale Ciccio Freddi Scotti, dipendente comunale ancora ignaro che di tempo per entrambi, per lui e il leone, non ce n’era molto.

Un custode improvvisato

Scotti s’era accollato il compito di accudire dell’animale ogni santo giorno. Apriva appena la gabbia e, con cautela, lanciava ad Eros qualche libbra di carne avanzata dalla lavorazione al macello dei Gergeri. Un giorno dopo l’altro, il custode e il leone, entrarono in confidenza. Eros aspettava che il cancello della gabbia cigolasse sui cardini, e che quell’uomo alto e ben piazzato, gli lasciasse il cibo sugoso di sangue insieme a dell’acqua fresca. Questo rituale, divenuto un’attrazione, convinse Scotti che tra lui e quella bestia si fosse instaurato un rapporto di gratitudine e rispetto. Amicizia quasi.

L’aggressione nella gabbia

Sempre più spesso, e con sempre meno prudenza, l’uomo finiva per entrare all’interno della gabbia e restarci per un po’, mentre Eros dilaniava il pasto tra gli “ohh” dei ragazzini ammaliati da quello spettacolo che ricordava una scena di Salgari. Accadde che il custode improvvisato, cominciò a godere troppo di quegli applausi e dell’ammirazione dipinta sul volto di adulti e bambini che lo credevano ormai un domatore eroico, come quelli della televisione.

Scotti era certo, ormai, di essere considerato dall’animale una sorta di capo, solo perché da lui dipendeva la sua sopravvivenza alimentare. Un giorno Eros, per stanchezza, nervoso, per noia o indole naturale (vai a sapere), prese a male l’entrata nella gabbia di Freddy Ciccio Scotti e con balzo fu su di lui. Tutto si consumò in un attimo. I suoi denti aguzzi ferirono ad un braccio il custode che riuscì a fuggire col cuore in gola e a rinchiudere la porta dietro di lui appena in tempo. Non entrò mai più nella gabbia. Non entrò mai più nessuno nella gabbia. Eros tornò nell’oblio e quando morì, non ci furono cerimonie né lacrime. Del leone cieco oggi resta solo una foto in bianco e nero accanto a quell’uomo che intanto aspettava un altro destino, non meno magnanimo di quello che toccò a lui.