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Vestiti con pantaloncini, maglietta a maniche corte e un fazzoletto rosso in testa, nella notte tra il Giovedì e il Venerdì Santo, a Verbicaro, i Battenti compiono il rito. Eseguono di corsa, per tre volte, il giro del paese. Lasciano le impronte delle loro mani insanguinate sui muri delle Chiese o delle case in prossimità delle quali, un tempo, esistevano edifici sacri. Si percuotono le gambe con u cardidd: un tappo di sughero nel quale vengono inserite schegge di vetro sottilissime, in numero dispari, ricavate da bottiglie rotte e tenute ferme da uno strato di cera di api.
Nessuno deve sapere chi sono, prima di dare inizio al rito, quando, in gran segreto, si strofinano le gambe con un panno di lana ruvida, shiaffeggiandole, per far, più facilmente, affluire il sangue. Ad ogni crocevia, uno o più uomini di loro fiducia, che non abbiano mangiato piccante da più giorni, spruzzano vino sulle ferite, dopo averlo riscaldato in bocca. Infine, i Battenti vanno a lavarsi nelle acque della Fontana Vecchia. Ripuliti e rivestiti si recano a chiedere perdono a Cristo, davanti al Sepolcro, per le pene che gli sono state inflitte dagli uomini.
Verbicaro, il rito dei Battenti risale al 1260
Questo il rito forte e cruento. Ma le sue Origini? La storia ci dice che fu il perugino Raniero Fasani, seguace delle profezie chiliastiche di Gioacchino da Fiore, il primo che, nel lontano 1260, aveva trasformato l’auto-flagellazione,da rito privato, in pratica pubblica e collettiva, Nel secolo successivo, momento di grande incertezza storica, (guerre, carestie e peste), i riti incentrati sulle mortificazioni corporali si intensificarono nel tentativo di placare l’ira divina. Contemporaneamente, crescono anche i divieti. Furono, infatti, proibiti da Manfredi, re di Sicilia, e confinati in una sfera di devozione privata da papa Clemente VI.
Per la loro stessa natura, sembrano ben congeniali al secolo “barocco” e “spagnolo” per eccellenza, ovvero al 1600, in cui non mancarono neppure, come 300 anni prima, flagelli come guerre, carestie e peste. Al riguardo, lo storico Angelo Rinaldi rivela di aver rinvenuto un documento che attesta la presenza di riti di auto-flagellazione in Calabria, ad Altomonte, introdotti da frati domenicani.
È solo un caso che un convento di frati domenicani, alcuni dei quali di origine di Altomonte, fosse attivo, nel 1600, anche a Verbicaro? L’Ipotesi è suggestiva ma, così conclude lo Storico, ad oggi, non esiste alcuna prova certa che possa far risalire il rito dei Battenti di Verbicaro al XVII secolo.