COSCA MUTO | La Movida cosentina ricostruita da Foggetti, Montemurro e Lamanna
Tre pentiti raccontano ai magistrati di Catanzaro come avveniva la spartizione del controllo della vigilanza sia a Cosenza sia nel Tirreno cosentino. Montemurro in tal senso è chiaro: «Il 50% viene consegnato ai Muto, il 25% alla bacinella dei cosentini, il restante 25% rimane ad Esposito». Lamanna spiega l’affaire delle lavanderie: «Mandaliti lo monopolizzava». I
Tre pentiti raccontano ai magistrati di Catanzaro come avveniva la spartizione del controllo della vigilanza sia a Cosenza sia nel Tirreno cosentino. Montemurro in tal senso è chiaro: «Il 50% viene consegnato ai Muto, il 25% alla bacinella dei cosentini, il restante 25% rimane ad Esposito». Lamanna spiega l’affaire delle lavanderie: «Mandaliti lo monopolizzava».
I collaboratori di giustizia disegnano un quadro indiziario molto preciso e concordante circa la gestione dei locali nel Tirreno cosentino. Ne parlano Adolfo Foggetti, Giuseppe Montemurro e dulcis in fundo Daniele Lamanna. Il primo riferisce di avere piena contezza della forza e della potenza di Franco Muto che dice di conoscere a Cetraro, il secondo invece era protagonista attivo della sicurezza delle discoteche insieme al suo (ex) amico Giuseppe Esposito, mentre il terzo racconta altri particolari e in un certo senso prende le distanze dalla caratura criminale di Maurizio Rango, Antonio Abbruzzese inteso “Tonino Banana” e per l’appunto Adolfo Foggetti. I pentiti, come vedremo in seguito, parleranno anche della commercializzazione del pesce e dell’influenza della presunta cosca “Rango-zingari-Patitucci” – così definita dai procuratori aggiunti della Dda di Catanzaro Vincenzo Luberto e Giovanni Bombardieri – sul territorio di San Lucido, affidando la gestione criminale ai Calabria. Ma questa è un’altra storia.
LA DDA NON HA DUBBI. «La cosca Muto controlla, per il tramite dei propri plenipotenziari, l’imposizione dei servizi di vigilanza presso le discoteche ed esercizi similari. Si tratta di un affare che, in estate, assicura consistenti proventi in quanto i servizi sono imposti ai titolari dei locali che sono espropriati della scelta del contraente e non solo». Il lavoro investigativo dei carabinieri del Ros, della polizia giudiziaria del Distretto di Catanzaro e dei magistrati porta a ritenere che «i titolari dei locali si vedono imposto il numero di buttafuori da impiegare ed il costo degli stessi. La cosca Muto controlla inoltre, i parcheggi che vengono organizzati nei pressi delle discoteche senza nessuna autorizzazione». Un affare per due, però, visto che i proventi illeciti – emerge dall’inchiesta – sono divisi quasi a metà.
ADOLFO FOGGETTI. Il “Biondo” conosce Giuseppe Esposito, già interessato dall’inchiesta “Nuova Famiglia-Doomsday” e condannato in primo grado col rito abbreviato e sul suo conto dice che «Maurizio Rango e Tonino Banana sono riusciti a convincere Luigi Muto a gestire insieme ai cosentini l’imposizione dei servizi di vigilanza. Infatti, Luigi Muto, uscito dal carcere, nel 2013, aveva allontanato i cosentini e quindi Giuseppe Montemurro e Giuseppe Esposito. Non conosco i dettagli di questi accordi anche se so che Luigi Muto è stato incontrato in una casa abbandonata nelle alture prospicenti Cetraro. Frequentando il lido Palm Beach ho avuto modo di sentire il nome di Giuseppe Fiore da Giuseppe Montemurro e da Giuseppe Esposito che lo nominavano quale persona insieme alla quale avrebbero dovuto gestire l’imposizione dei servizi di vigilanza nelle discoteche. Del fatto che Maurizio Rango è Tonino Banana erano riusciti a convincere Luigi Muto, per la stagione 2014, a gestire insieme l’imposizione dei servizi di vigilanza alle discoteche, ho avuto ulteriore conferma da Antonio Mandaliti» ritenuto dalla Dda il referente della cosca Muto a Diamante «Simone Chiappetta ed Alfredo Palermo. Se Rango e Tonino Banana hanno gestito i rapporti con Luigi Muto io ho gestito quelli con Piero Calabria, in modo tale che Montemurro, Esposito e Fiore potessero gestire l’imposizione dei servizi di vigilanza alle discoteche – lidi ricompresi tra i comuni di Torremezzo e San Lucido. Ricordo di essermi recato, da solo, sempre nell’estate del 2014, a casa di Piero Calabria, che era agli arresti domiciliari, per chiedergli se Giuseppe Montemurro, Giuseppe Esposito e Giuseppe Fiore potevano gestire la vigilanza nel territorio di San Lucido e Torremezzo. Pietro Calabria acconsentiva del resto non poteva fare diversamente, in quanto era molto legato a Roberto Porcaro ed era stato preposto, insieme al fratello Pino, per la zona ricomprendente San Lucido, Torremezzo da Francesco Patitucci. Non so quando Patitucci li ha messi a controllare questa zona, posso però dire che quando sono uscito dal carcere, nel corso del 2010, ho personalmente verificato che, Pino e Pietro Calabria, per contro di Francesco Patitucci, comandavano nei comuni di San Lucido, Torre Mezzo e Fiumefreddo».
GIUSEPPE MONTEMURRO. Il suo pentimento avviene immediatamente dopo il suo arresto avvenuto a Cerisano, dove i carabinieri trovarono delle armi. L’ex componente di un’agenzia di sicurezza, alla quale la Prefettura di Cosenza revocò la licenza, afferma che «i servizi di vigilanza sono imposti per il tramite della criminalità organizzata cosentina, e cetrarese. Per il tramite di diverse società, controlliamo tutti i locali notturni di Cosenza e di Rende, e del tirreno cosentino. I servizi di vigilanza sono imposti, nel senso che il gestore del locale non può scegliere a chi rivolgersi, ma deve rivolgersi a noi che gli imponiamo il numero di vigilanti e il costo di ciascuno degli operatori. A Cosenza dipendiamo sia dagli zingari che dagli italiani» mentre «sulla costa tirrenica dipendiamo dai Muto e quindi da Luigi Muto, da Tonino Mandaliti e dal nipote di quest’ultimo Alfredo Palermo. Per darle idea di quanto dipendiamo dalla criminalità organizzata, considerate che i profitti, tolte le spese, vengono suddivisi in questo modo: il 50% viene consegnato ai Muto, il 25% alla bacinella dei cosentini, il restante 25% rimane ad Esposito». Montemurro conosce tutti i gestori dei locali di Cosenza e del Tirreno, nonché dello Jonio. Fa i nomi di tutti loro e dice chi si piegava e chi no ma precisa che «che nell’imporre i servizi di vigilanza, spendendo il nome di Francesco Patitucci, non ero mai da solo ma, di volta in volta, accompagnato da Giuseppe Fiore e da Giuseppe Esposito». Aggiunge poi che quando si trova senza lavoro se ne va in giro a verificare chi ha preso il loro posto e come viene gestito il business. «Nel gennaio del 2015 essendo stato indagato dalla Dda per il processo Rango-zingari, la Prefettura mi ha revocato la licenza, pertanto non ho più potuto lavorare come Corpus. Ho iniziato a frequentare i vari locali notturni in modo tale che potessi rendermi conto di chi aveva la gestione della vigilanza presso i diversi locali notturni. I più grossi erano sempre gli stessi, l’IClub, le Officine Musicali, il Live» e a seguire fa riferimento ai nuovi gestori, illustrando chi fossero i nuovi bodyguard tra cui esponenti delle forze dell’ordine. Montemurro ritiene che dietro la nuova agenzia vi sia un soggetto legato a Rinaldo Gentile, esponente della cosca Lanzino di Cosenza e attualmente in carcere al 41bis.
DANIELE LAMANNA. E’ l’ultimo collaboratore di giustizia ad aver reso dichiarazioni importanti ai magistrati della Dda di Catanzaro. Parliamo di Daniele Lamanna, esecutore materiale dell’omicidio di Luca Bruni per il quale è stato condannato a undici anni di carcere insieme a Franco Bruzzese. Il pentito cosentino accende i riflettori sulla figura di Antonio Mandaliti che dichiara di conoscere dopo l’uscita dal carcere a seguito dell’inchiesta “Tela del Ragno”. Lamanna è a conoscenza che il presunto referente dei Muto a Diamante ha il monopolio delle lavanderie. «Tonino Mandaliti monopolizzava i servizi di lavanderia per i comuni di: Diamante, che gestiva direttamente; Santa Maria del Cedro, Praia a Mare, San Nicola Arcella, Tortora che gestiva per il tramite di Simone Chiappetta. Il monopolio di Tonino Mandaliti era talmente annoso e radicato che egli non aveva bisogno di minacciare nessuno anzi, aveva sempre modi cordiali e garbati nel trattare gli imprenditori che – “spontaneamente” – gli si rivolgevano per i servizi di lavanderia. A questo incontro partecipammo: io, Tonino Mandaliti, Adolfo Foggetti e poi sopraggiunse Simone Chiappetta che Tonino Mandaliti voleva farmi conoscere. L’incontro aveva lo scopo di rinnovare l’amicizia tra la cosca Muto e la confederazione cosentina, cioè quella che possiamo definire cosca Lanzino-Patitucci e Rango-zingari». Lo stesso pentito tiene a precisare «di aver interrotto i rapporti con Tonino Mandaliti a metà del 2014, infatti ricordo di non aver partecipato, sebbene fossi stato invitato, al matrimonio del figlio maschio del Mandaliti. I motivi della rottura con Tonino Mandaliti sono legati al fatto che quest’ultimo aveva tenuto troppo in considerazione Foggetti Adolfo, Tonino – banana – e Maurizio Rango in relazione al controllo dei servizi di buttafuori per le discoteche. Infatti, per come preciserò da qui ad un po’, nel 2013, conobbi Luigi Muto, che era appena uscito dal carcere, e mi disse che avrebbe dovuto gestire con i suoi uomini i servizi di buttafuori presso le discoteche del tirreno cosentino, estromettendo i cosentini perché aveva necessità economiche. Invece, nell’estate del 2014, seppi da Tonino – banana -, da Maurizio Rango e dallo stesso Foggetti che erano stati da Luigi Muto e, alla presenza anche di Tonino Mandaliti, si erano riappropriati del monopolio dei servizi di buttafuori alle discoteche della costa tirrenica con la “benedizione” di Luigi Muto che avrebbe detto loro che la costa tirrenica era casa loro. Pertanto, ho smesso di fidarmi di Luigi Muto e di Tonino Mandaliti che erano stati accondiscendenti nei confronti di persone che a me avevano detto che non avrebbero considerato». (a. a.)