Daniele Lamanna: «Ecco perché mi defilai dal clan Rango-zingari»
Il pentito cosentino, esecutore materiale dell’omicidio di Luca Bruni, racconta ai magistrati della Dda di Catanzaro i motivi che lo hanno portato a rifiutare il grado di Trequartino. La riunione in cui lui avrebbe comunicato l’intenzione di farsi da parte sarebbe stata convocata nel luglio del 2014 in via Popilia. Daniele Lamanna ha rinunciato a
Il pentito cosentino, esecutore materiale dell’omicidio di Luca Bruni, racconta ai magistrati della Dda di Catanzaro i motivi che lo hanno portato a rifiutare il grado di Trequartino. La riunione in cui lui avrebbe comunicato l’intenzione di farsi da parte sarebbe stata convocata nel luglio del 2014 in via Popilia.
Daniele Lamanna ha rinunciato a presenziare alle restanti udienze del processo ordinario “Rango-zingari” quasi come volesse confermare e ribadire la decisione di aver abbandonato il mondo del crimine e avendo come unico obiettivo quello di scontare gli anni di pena e programmare una nuova vita.
L’esecutore materiale del delitto di Luca Bruni in uno dei recenti verbali resi alla Dda di Catanzaro, davanti al procuratore aggiunto Vincenzo Luberto e ai pubblici ministeri Pierpaolo Bruni e Andrea Mancuso, ha spiegato come nell’ultimo periodo prima degli arresti di “Nuova Famiglia” il suo rapporto con Maurizio Rango e il resto dei presunti componenti dell’associazione mafiosa non fosse più lo stesso. In realtà i contrasti tra i due italiani nati, criminalmente parlando, al fianco di Michele Bruni erano sorti già nel 2012, quando la Squadra Mobile di Cosenza mentre intercetta Rango per l’omicidio Messinetti scopre che nella città dei bruzi vi erano dei nuovi presunti mafiosi, identificando alcuni soggetti che nel corso delle indagini si renderanno protagonisti in negativo di reati che in primo grado hanno portato poi a condanne pesanti.
Lamanna dopo l’assassinio di Luca Bruni dice di non essere totalmente convinto dal modo di agire di Rango che insieme a Franco Bruzzese guida la presunta cosca. Rango è agli arresti domiciliari, mentre il fratello di Giovanni Abruzzese avendo ottenuto un permesso premio in quel momento è latitante. I presunti disaccordi iniziano quando un amico di Lamanna non prenderebbe la droga dagli “zingari” e per questo motivo la presunta organizzazione vorrebbe picchiarlo, ma l’attuale pentito si oppone.
Quel che in passato potevano sembrare delle sensazioni o percezioni, Lamanna li trasforma in dichiarazioni ufficiali. Parole che lette oggi, danno una chiave di lettura diversa dal suo periodo di latitanza. Forse non nessuno gli ha creduto quando gli uomini del vice questore Giuseppe Zanfini, scovandolo a Trenta, lo trovarono trasformato probabilmente per non farsi riconoscere. E agli agenti della Squadra Mobile disse che girava armato perché temeva per la sua vita. Di certo, non poteva ipotizzare uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine ma altri scenari in quel periodo potevano far credere a una caccia all’uomo.
Tra i motivi di rottura vi sarebbe stata una presunta estorsione che Lamanna non gradì perché la richiesta del pizzo era indirizzata a una persona vicina agli italiani. Per il collaboratore di giustizia «non c’erano le condizioni per continuare a gestire una bacinella comune. Ognuno di noi aveva chiaro che era imminente una guerra» scongiurata afferma Daniele Lamanna dagli arresti ordinati nel novembre del 2014 dalla Dda di Catanzaro. «Malgrado i tentativi di contattarmi di Maurizio Rango sono rimasto defilato salvo poi allontanarmi da Cosenza per la Toscana nel luglio del 2014». Lamanna, poi, aggiunge che dalla presunta associazione si sarebbe staccato anche Luciano Impieri.
Nel 2012, anno in cui si macchia dell’omicidio più grave della sua carriera criminale, valuta di fare un passo indietro perché a suo dire non vi sarebbero state buone prospettive per mantener fede ai patti con gli italiani. «Valutazioni» e «consapevolezza» aggiunge Lamanna che «mi portarono nel corso del 2012 a rifiutare il grado di Trequartino che mi era stato offerto da Franco Bruzzese e da mio fratello a nome della confederazione. Preferii rimanere Sgarrista e in buona sostanza accettai che fosse elevato al merito più altro tra gli appartenenti alla cosca zingari Maurizio Rango che successivamente seppi ebbe il Vangelo da persone che non ho mai saputo». Lamanna in un altro verbale ha dichiarato, precisando quanto detto tempo prima, di essere stato fidelizzato «l’anno 2006-2007 presso una cella del tribunale di Bari con il grado di sgarro».
Il pentito riferisce di aver deciso di allontanarsi dal gruppo al termine di una riunione convocata in via Popilia. «Rappresento che il mio fu un distacco di carattere morale rispetto all’agire degli altri appartenenti alla cosca ma io ovviamente dal punto di vista materiale ne facevo parte, almeno fino a quando vi fu una riunione del mio gruppo a cui ho partecipato risalente all’estate 2014» e «durante di essa ho espresso la mia volontà di allontanarmi dalla cosca dichiarando che dal quel momento “mi sarei fatto fatti miei”». (Antonio Alizzi)