venerdì,Aprile 25 2025

“ACHERUNTIA” | Lavori lungo il fiume Mucone, un testimone in aula: «I toni di Gencarelli non erano minacciosi»

E’ ripreso il processo sulla presunta associazione mafiosa operante ad Acri, gestita secondo la Dda di Catanzaro da Gencarelli e Perri. Oggi in aula tre testimoni hanno riferito su fatti contestati dal pm della Dda Pierpaolo Bruni. Ma in una circostanza il presidente del collegio giudicante ha fatto cenno a discrasie radicali su quanto detto

“ACHERUNTIA” | Lavori lungo il fiume Mucone, un testimone in aula: «I toni di Gencarelli non erano minacciosi»

E’ ripreso il processo sulla presunta associazione mafiosa operante ad Acri, gestita secondo la Dda di Catanzaro da Gencarelli e Perri. Oggi in aula tre testimoni hanno riferito su fatti contestati dal pm della Dda Pierpaolo Bruni. Ma in una circostanza il presidente del collegio giudicante ha fatto cenno a discrasie radicali su quanto detto in aula e su quanto dichiarato nel corso delle indagini preliminari.

Nuova udienza del processo “Acheruntia”, in corso di svolgimento presso il tribunale di Cosenza in composizione collegiale. Al centro dell’attività processuale c’è l’inchiesta sulla presunta cellula del clan “Lanzino” di Cosenza nella città di Acri che sarebbe stata condizionata dalle presunte ritorsioni imposte ai commercianti e agli imprenditori dal presunto gruppo mafioso “coordinato” da Angelo Gencarelli e Giuseppe Perri, oggi a giudizio insieme a Gianpaolo Ferraro.

Questa mattina dinanzi al presidente del collegio giudicante Enrico Di Dedda (Claudia Pingitore e Manuela Gallo a latere), il pubblico ministero della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni ha citato alcuni testi della sua lista d’accusa che dovevano riferire su alcuni fatti contestati nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Distrettuale Pietro Scuteri.

In udienza sono state verificate le dichiarazioni dei testimoni sentiti. In due casi sia l’accusa che il presidente del collegio hanno mosso diverse contestazioni ai testi che nel corso delle indagini preliminari hanno dichiarato una cosa, mentre in aula – dove chi ha accusa ha il dovere di provare la colpevolezza degli imputati – hanno detto l’opposto o comunque non confermato quanto messo a verbale davanti al Norm di Rende e al pm della Dda di Catanzaro.

Il presidente Di Dedda ha parlato di «discrasia radicale», soffermandosi sul particolare richiamato dal verbale di sommarie informazioni testimoniali rese da un ex indagato dell’inchiesta, Luigino Terranova, la cui posizione è stata archiviata. La contestazione è stata fatta nel momento in cui il pm Bruni ha letto un passaggio nel quale il testimone aveva detto che era nota la caratura criminale di Angelo Gencarelli, mentre in aula ha chiarito che non conosceva Gencarelli sotto questo profilo e che soprattutto per alcuni lavori lungo il fiume Mucone aveva avuto con lui uno scambio di vedute sul fatto che fosse conveniente cacciare Viteritti («che mi aveva rubato della legna» ha detto Terranova) per non incorrere in antipatie dell’allora amministrazione comunale: «Non volevo problemi, perché mi interessava lavorava». Su un altro episodio contestato, la somma di 1000 euro data da Terranova a Carmine Pedace, lo stesso testimone ha detto che non sapeva se la cifra fosse arrivata poi a Gencarelli. «Mi decisi a darla, proprio perché volevo avere buoni rapporti con chi amministrava Acri in quel momento». 

Un altro capo d’accusa riguarda la presunta richiesta di “pizzo” nei confronti di un imprenditore che aveva un night club a Bisignano. Quest’ultimo il 28 dicembre del 2011 subì un danneggiamento: al suo locale venne dato fuoco. Alla riapertura dello stesso «reso possibile con i miei sforzi», sarebbero andate alcune persone per conto «dello zio Pino», da intendere per la Dda di Catanzaro in Giuseppe Perri che in quel momento era detenuto in carcere per altri reati. «Bisogna mandare la mazzetta… rassegnati» gli sarebbe stato detto da questi soggetti altrimenti «qua sennò ad arrosto finisci… e finisci di fare… non ha capito che forse tu che ti ammazzano». L’obiettivo, secondo l’accusa, era quello di mettere delle persone a svolgere il servizio di vigilanza. «Questi venivano e prendevano le cose senza pagare e se ne andavano». Poi l’imprenditore ha specificato di conoscere Giuseppe Perri «siamo dello stesso paese, figuriamoci se non so chi è».

Minacce e richieste estorsive sarebbe state fatte da Perri e Gencarelli all’indirizzo di un altro imprenditore. Durante le indagini quest’ultimo disse che Gencarelli non gli prestò alcuna somma di denaro, aggiungendo che la frase intercettata dai carabinieri era riferita al fatto che la persona in questione apostrofò col nomignolo dell’U’ guappo Giuseppe Perri. «Una volta resomi conto di essermi “allargato” e di essermi preso confidenza nei confronti di Giuseppe Perri mi sono pentito amaramente di questa mia affermazione poiché data la caratura criminale che egli tuttora incute nel paese temevo fortemente per l’incolumità fisica mia e dei miei familiari. Preciso, ribadisco che Pino Perri non era presente altrimenti mi avrebbe preso a pugni e infatti sarebbe meglio stare alla larga dal predetto Perri».

Per scongiurare il peggio l’imprenditore dice di essersi rivolto ad Angelo Gencarelli «il quale notoriamente è intimo amico di Giuseppe Perri e con lui si accompagna molto spesso anche pubblicamente e pertanto gli chiesi di farsi da tramite con il Perri stesso in modo che io potessi scusarmi ancor prima che qualcuno potesse riferire al Perri la mia esternazione inopportuna». Così sarebbe nata la prospettiva di dover fare un “pensiero” a Perri «affinché egli “perdonasse” la mia uscita poco opportuna». Nel verbale inoltre l’imprenditore dice che «per uscire da questa situazione, minacciai anche di spararmi un colpo in testa e di suicidarmi, tanto ero terrorizzato». A quel punto ci fu un incontro a tre nel corso del quale «mi sono scusato di essermi permesso di apostrofarlo in sua assenza “u’ guappo”» e gli avrebbe manifestato l’intenzione di fornirgli gratuitamente il gas. «Devo precisare però di non aver mai fornito gas né alcuna prestazione lavorativa al Perri». 

Molto intensa e precisa è stata l’attività del collegio difensivo, composto dagli avvocati Antonio Quintieri e Matteo Cristiani per la posizione di Angelo Gencarelli, e Marcello Manna e Luca Acciardi per Giuseppe Perri. L’avvocato Lucio Esbardo difende invece Gianpaolo Ferraro. Le difese hanno rimarcato le dichiarazioni dei testimoni che in dibattimento non hanno aggiunto o in qualche modo confermato quanto detto nelle indagini preliminari. Toccherà poi al collegio giudicante valutare le singole deposizioni e prendere eventualmente provvedimenti in tal senso. Acquisite le dichiarazioni di un altro testimone.

Il processo è stato aggiornato al prossimo 9 febbraio. (Antonio Alizzi)

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