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BUFERA PRECARI ASP | La difesa di Scarpelli e Perri al Riesame: «Capicotto dice il falso, ecco le prove»

Dopo i casi di Orlandino Greco e Maximiliano Granata, questa mattina il tribunale del Riesame di Catanzaro si è occupato nuovamente della vicenda sui presunti falsi precari dell’Asp di Cosenza, relativamente alle posizioni dell’ex dg Gianfranco Scarpelli, del Direttore del Distretto “Cosenza-Savuto”, Antonio Perri e del dirigente regionale del dipartimento Lavoro Vincenzo Caserta. Il Tdl

BUFERA PRECARI ASP | La difesa di Scarpelli e Perri al Riesame: «Capicotto dice il falso, ecco le prove»

Dopo i casi di Orlandino Greco e Maximiliano Granata, questa mattina il tribunale del Riesame di Catanzaro si è occupato nuovamente della vicenda sui presunti falsi precari dell’Asp di Cosenza, relativamente alle posizioni dell’ex dg Gianfranco Scarpelli, del Direttore del Distretto “Cosenza-Savuto”, Antonio Perri e del dirigente regionale del dipartimento Lavoro Vincenzo Caserta.

Il Tdl ha stralciato la posizione di Caserta su istanza degli avvocati difensori Francesco Iacopino e Giancarlo Pittelli, poiché martedì prossimo è fissato l’udienza in merito alla misura cautelare emessa dal tribunale di Catanzaro nell’ambito dell’inchiesta sui fondi europei. Questa posizione è stata rinviata al prossimo 21 marzo.

Rimanevano quindi Scarpelli e Perri, difesi di fiducia dai legali del foro di Cosenza Guido Siciliano e Giovanni Spataro. In particolare, la difesa dei due indagati ha evidenziato l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di abuso d’ufficio che avrebbero commesso in concorso con altri 131 inquisiti. 

L’avvocato Siciliano, infatti, ha ripercorso tutto l’iter amministrativo della vicenda, partendo dal percorso della legge regionale n. 15/2008. Nella memoria difensiva si evince che «L’Asp evidenziava che i soggetti interessati al relativo progetto di utilizzo restavano a totale carico della Regione Calabria, sottolineando, in linea con la normativa e la giurisprudenza formatasi al riguardo (Cassazione Civile sez. Lavoro 14636/2013 del 11.06.2013), che ciò non comportava  “… l’istaurarsi di qualsiasi forma di rapporto di lavoro o di oneri a qualsiasi titolo a carico dell’ASP di Cosenza”». Ciò comporterebbe «la totale competenza, sia sotto il profilo territoriale che gestionale, degli uffici regionali, nella considerazione che l’attività posta in essere dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza non ha avuto alcun ruolo gestionale-amministrativo». Circostanza che «si palesa con nota n. 33350 del 21 ottobre del 2014», nella quale il Dipartimento regionale affermava che «“relativamente ai lavoratori interessati, si stanno predisponendo gli elenchi sui quali gli enti utilizzatori (tra i quali l’ASP di Cosenza) dovranno assumere il personale. Tale obbligo sarà assolto dallo scrivente Dipartimento entro 15 giorni. Si invita l’Ente  in indirizzo (l’ASP di Cosenza) ad avviare la procedura di ad avviare le procedure relative all’utilizzo”». 

Nel corso della discussione odierna, l’avvocato Siciliano ha ricordato che «l’Asp di Cosenza è stata mera destinataria di istanze presentate al proprio protocollo». Tradotto: è stato il Dipartimento regionale a scrutinare e valutare le domande dei soggetti che avevano prodotto istanza per usufruire dei benefici previsti dalla legge regionale. I lavoratori hanno iniziato a prendere servizio nelle varie unità territoriali dellì’Asp di Cosenza solo il 1 dicembre 2014, mentre Gianfranco Scarpelli il 24 novembre dello stesso anno cessava di ricoprire l’incarico di direttore generale, tornando ad assumere il ruolo di primario del reparto di Neonatologia e TIN dell’ospedale “Annunziata” di Cosenza. Per questo motivo, i legali sostengono che non sia possibile ipotizzare la sussistenza del dolo intenzionale richiesto dall’abuso di ufficio. 

«CAPICOTTO DICE IL FALSO». Ma l’argomento più interessante viene trattato successivamente quando i penalisti usano il “bastone” nei confronti di Pasquale Giuseppe Capicotto, il funzionario regionale al quale il gip di Cosenza non ha dato la misura interdittiva come invece ha fatto con Scarpelli, Perri e Caserta.

Gli avvocati Siciliano e Spataro, a riguardo, giudicano illegittime le dichiarazioni rese dall’indagato reo confesso di aver falsificato i protocolli. «Nel verbale richiamato sono presenti numerose e ripetute cancellature, neanche sottoscritte dal redattore del verbale, né dal Giudice, né tanto meno dai presenti. Anche il verbale non risulta sottoscritto in ogni suo foglio». E ancora: «Si evidenziano tali anomalie, non solo perché si tratta di evidenti e marchiani irregolarità formali dell’atto, ma soprattutto in ragione della circostanza che alcune risposte date in un senso vengono cancellate, senza nessuna formalità così come richiesta, ed al loro posto ci si trovano affermazioni di segno opposto, senza che venga dato conto se la correzione è avvenuta in ragione di un errore di scrittura (sarebbe alquanto strano trattandosi di periodi lunghi), ovvero se l’indagato ha dapprima fornito una risposta e successivamente quella contraria (in tal caso bisognava chiedere come mai avesse cambiato la  risposta e se quella era  da considerarsi definitiva)».

Censure rinvenute dagli avvocati che il Riesame dovrà valutare attentamente. «Il fatto ancor più grave, si rinviene in un attestato allegato al medesimo verbale, datato 29.12.2016 (una settimana dopo l’interrogatorio) nel quale si scrive: “Il sottoscritto assistente giudiziario su richiesta del giudice, atteso che l’indagato Capicotto Pasquale Giuseppe nel corso dell’interrogatorio in data 21.12.2016, pur avendo manifestato l’intenzione di depositare uno scritto a sua firma, non ha dato corso al suddetto deposito in quanto lo ha ritenuto superfluo alla luce dell’analitico esame dei fatti che ha effettuato davanti al giudice” . Può un assistente giudiziario attestare, dopo una settimana, su richiesta del giudice, un fatto (di cui si non si conosce il tenore non essendo presente in atti) che avrebbe dovuto sottoscrivere l’indagato Capicotto essendo un suo (presunto) pensiero? Ma, come si dice volgarmente, la pezza è peggio del buco».

La difesa, infine, ha fatto rilevare che Scarpelli non ha mai visto in vita sua Capicotto, di non averlo mai incontrato e di non conoscerlo assolutamente. Capicotto nel primo interrogatorio non parla di Scarpelli e Perri, mentre nell’estate del 2014 «si sarebbero incontrati con Caserta al fine di chiedere la fattibilità dell’istanza». Incontri fissati temporalmente il 7 ottobre, giorno in cui la difesa di Scarpelli e Perri ha dimostrato che entrambi erano a Cosenza a lavorare nei rispettivi uffici e di non essersi mai recati a Catanzaro. Unico giorno in cui è accertata la presenza di Scarpelli nel capoluogo di regione è il 2 ottobre, mentre Perri il 9 e 10 ottobre partecipa a un convegno internazionale scientifico. 

Dunque, gli avvocati dei due indagati rilevano «l’inconsistenza dall’assunto del Giudice basato esclusivamente sulle inattendibili dichiarazioni che il Capicotto ha reso al solo fine di cercare di discolparsi, accusando ingiustamente altri».

L’avvocato Siciliano ha infine dichiarato che «chi in questa vicenda ha confessato di aver commesso un reato sta continuando a lavorare, mentre chi è estraneo è stato interdetto».  (Antonio Alizzi)

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