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Il procuratore generale di Catanzaro, Otello Lupacchini rischia il trasferimento per incompatibilità ambientale e funzionale. Lo ha chiesto oggi l’Area, associazione togata a cui sono iscritti tanti membri del Csm, dopo le parole di fuoco dell’esperto magistrato sull’operazione “Rinascita-Scott”, coordinata dalla Dda di Catanzaro. Che tra Lupacchini e Nicola Gratteri non corra buon sangue è ormai noto, ovvero da quando scoppiò il caso Facciolla. Polemiche tra i due magistrati archiviate poi dal Csm. Oggi, però, il problema si ripete. E la situazione sembra davvero complicata.
Chiesto il trasferimento di Otello Lupacchini
Lupacchini, infatti, a TgCom24 aveva dichiarato che «i nomi degli arrestati e le ragioni degli arresti li abbiamo conosciuti soltanto a seguito della pubblicazione sulla stampa che evidentemente è molto più importante della procura generale di Catanzaro». E ancora: «Al di là di quelle che sono poi, invece, le attività della procura generale, che quindi può rispondere soltanto sulla base di ciò che normalmente accade e cioè l’evanescenza come ombra lunatica di molte operazioni della procura distrettuale di Catanzaro stessa». Apriti cielo. L’Area, in cui sono iscritti la maggior parte dei magistrati in ruolo al Csm, ha chiesto alla prima commissione di aprire una pratica per incompatibilità ambientale e funzionale, bocciando le parole di Lupacchini contro il lavoro di Gratteri.
La posizione dell’Associazione Nazionale Magistrati su Lupacchini
Anche l’associazione nazionale magistrati è intervenuta su Otello Lupacchini. «Le valutazioni del procuratore generale Lupacchini sono sconcertanti in sé e ancora più perché provenienti dal vertice della magistratura requirente del Distretto». L’Anm picchia duro sul pg di Catanzaro: «Ogni esternazione che si risolva in una critica dei provvedimenti giudiziari, non argomentata e non fondata sulla conoscenza degli atti, rappresenta una lesione delle prerogative dell’autorità giudiziaria, una delegittimazione del suo operato, e può, nel caso di specie, implicare, in ragione del ruolo ricoperto da chi l’ha resa, un’inaccettabile forma di condizionamento dell’autonomia e indipendenza dei titolari delle indagini e incidere sulla serenità dei magistrati chiamati ad occuparsi dei relativi accertamenti nelle diverse fasi processuali».