venerdì,Marzo 29 2024

«Noi medici lavoriamo anche senza protezioni. Abbiate senso civico»

«Oggi ha chiamato una signora di 85 anni, ha la febbre. Quest’anno si è rifiutata di fare il vaccino. Stasera, finisco con i pazienti e passo a casa sua a visitarla». Rosalbino Cerra è il segretario generale regionale della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale per la Calabria. Da quando è scoppiato l’allarme Covid-19,

«Noi medici lavoriamo anche senza protezioni. Abbiate senso civico»

«Oggi ha chiamato una signora di 85 anni, ha la febbre. Quest’anno si è rifiutata di fare il vaccino. Stasera, finisco con i pazienti e passo a casa sua a visitarla». Rosalbino Cerra è il segretario generale regionale della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale per la Calabria. Da quando è scoppiato l’allarme Covid-19, come i suoi colleghi medici, fa il turno lungo in ambulatorio e ha il telefono sempre in mano. 

Ma non ha paura?

«Paura no, perché conosco i miei pazienti, so chi sono, dove sono stati. Così riesco ad aiutare quelli che posso».

Quante chiamate riceve per sospetta infezione da Coronavirus?

«Molte persone chiamano spaventate perché hanno tosse o febbre. Nella maggior parte dei casi, per fortuna, non ci sono gli estremi per richiedere il triage. Ho avuto un solo caso, davvero sospetto, ho seguito la prassi e contattato i numeri indicati dal Ministero».

Nonostante gli inviti a non spostarsi al Sud dalle regioni a rischio, i rientri di familiari da zone rosse o limitrofe a quelle off limit, continuano senza sosta. 

«Ai genitori allarmati dico sempre la stessa cosa: abbiate senso civico, non fate uscire i vostri figli, se sono tornati da quelle aree, per almeno 15 giorni; limitate i loro contatti con l’esterno e ai primi segni di febbre e tosse secca, chiamateci. Fino ad ora, i numeri dicono che ce la siamo cavata discretamente, ma in Calabria non possiamo abbassare la guardia».

Come vi comportate in caso un paziente a rischio chieda di essere visitato? 

«Noi medici di base siamo come un reparto di fanteria di prima linea ma con poche armi. Non possiamo, pur volendo, visitare a domicilio i soggetti a rischio senza i dispositivi di protezione individuale, i Dpi. E al momento non ne abbiamo a disposizione. Però quando credo di avere informazioni sufficienti visito i miei pazienti, come sempre».

E quando li avrete questi Dpi?

«La Protezione civile li ha richiesti, ma le ditte produttrici hanno risposto che la priorità è servire prima le regioni del Nord: Veneto, Lombardia, Emilia Romagna. È comprensibile. Quando ci sarà la possibilità, saremo riforniti anche noi al Sud». 

La paura che l’emergenza esploda è davvero tanta.

«In questo momento la mia categoria sta dimostrando un grande senso di responsabilità. Posso dire, con un pizzico di orgoglio, che grazie al nostro lavoro il sistema qui non è scoppiato. Siamo un filtro indispensabile. S’immagini cosa sarebbe accaduto se tutti i pazienti con sintomi sospetti, si fossero presentati in massa in ospedale. I casi da attenzionare li scremiamo con grande attenzione, perché conosciamo i pazienti con cui parliamo». 

Com’è cambiata la vita negli ambulatori?

«Abbiamo detto ai pazienti di venire in ambulatorio solo in caso di urgenza; a chi serve, ad esempio, un certificato di invalidità, chiediamo di tornare in un altro momento. Purtroppo non abbiamo altre soluzioni, dobbiamo fare appello al buon senso di tutti».

E se un paziente ha bisogno di una ricetta?

«Stiamo provvedendo a spedirle online, il sistema è criptato e ci consente di inviare la password e la ricetta via email. Così il paziente cronico non è costretto ad uscire di casa. Più di così non possiamo fare».

È un momento critico, ma cosa si potrebbe fare immediatamente?

«È da molto tempo che chiediamo alla Regione Calabria di aprire gli ambulatori per dodici ore, ma nessuno ha mai dato seguito alla nostra proposta. Se si fossero mossi per tempo, a quest’ora saremmo a regime e le cose funzionerebbero meglio».

Insomma vi eravate offerti di lavorare di più.

«In realtà c’eravamo offerti di organizzarci meglio, dividendoci l’orario per coprire l’intera giornata. In questo modo si sarebbero formati degli ambulatori di medicina generale sempre aperti, in grado di dare una risposta telefonica appropriata e veloce perché basata su un triage compilato da chi conosce bene i propri pazienti».

Perché si è tutto bloccato?

«Non lo sappiamo. È una situazione che ho fatto presente anche al Prefetto che ha chiamato più volte il direttore generale Belcastro che ad oggi, non ha dato alcun cenno».

In merito alla diffusione del Covid-19, cosa crede che accadrà?

«Io spero che saremo così bravi da evitare che questo virus cammini troppo. Se siamo abbastanza fortunati bloccheremo i contagi. Questa emergenza ha insegnato all’Italia che il bene più importante che siamo riusciti a costruire, cioè il servizio sanitario, deve essere nazionale e non regionale. Ora servono nervi saldi e una guida unica e sicura». 

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