Strage di Cassano, le motivazioni della Cassazione che inchiodano Donato e Campilongo
Depositate le motivazioni della prima sezione penale. Gli ermellini concludono la sentenza affermando che gli imputati hanno agito dopo aver ricevuto l'ok del capo cosca
Il 13 ottobre del 2021, la prima sezione penale della Corte di Cassazione, aveva confermato la condanna all’ergastolo per Cosimo Donato e Faustino Campilongo, partecipi della strage di Cassano, consumatasi nel gennaio del 2014, nel territorio della Sibaritide. Un triplice omicidio di stampo mafioso, dove mandanti e killer, allo stato sconosciuti, decisero di eliminare Giuseppe Ianniccelli senior, il piccolo Cocò Campolongo e la fidanzata marocchina del nonno del bimbo, Ibtissam Touss. Uccisi e bruciati all’interno dell’auto guidata dall’allora pregiudicato cassanese. Una fine atroce, maturata in un contesto tipicamente ‘ndranghetistico che da ormai 30 anni soffoca la città di Cassano all’Ionio e non solo.
I giudici della Cassazione (presidente Carlo Zaza, relatore Francesco Aliffi) hanno rigettato tutti i ricorsi presentati dalle difese, nonché la richiesta di annullamento con rinvio dell’aggravante della premeditazione, contestata dalla Dda di Catanzaro ad entrambe gli imputati. Accolte invece le sollecitazioni avanzate nel corso dell’udienza dagli avvocati di parte civile, rappresentati dai legali Liborio Bellusci, Angela Bellusci e Danila Gullì. Di recente sono state pubblicate le motivazioni.
Strage di Cassano, Donato e Campilongo colpevoli: ecco perché
Uno dei primi punti affrontati dai difensori, era quello circa le dichiarazioni predibattimentali rese dalla Di Monte ed acquisite ai sensi dell’art. 500, comma 4, cod. proc. pen. non sarebbero utilizzabili ai fini della decisione perché acquisite a seguito di un esame condotto dal pubblico ministero in violazione delle regole previste dall’art. 499 cod. proc. pen, prima dell’inizio del controesame dei difensori degli imputati ed in assenza del presupposto della minaccia della testimone.
La Cassazione, sul punto, ha ritenuto che l’operato del pubblico ministero dell’epoca, ovvero l’ex procuratore aggiunto di Catanzaro, Vincenzo Luberto, sia stato corretto. «Le dichiarazioni predibattimentali rese da Sonia Di Monte sono state acquisite nella osservanza delle regole procedimentali dei presupposti previsti dalle disposizioni del codice di rito». Secondo gli ermellini, «non costituisce un vulnus significativo l’adozione del provvedimento di acquisizione dopo l’esame del pubblico ministero ma prima del controesame perché, in concreto, non vi è stata alcuna limitazione del diritto della difesa degli imputati di dedurre nel proseguo dell’attività istruttoria elementi dimostrativi dell’assenza di attività di subornazione del testimone e di incidere, per questa via, sulla decisione definitiva di acquisire il relativo verbale al fascicolo del dibattimento».
Non fondata, inoltre, l’eccezione difensiva riguardante la mancata applicazione dei parametri individuati dalla giurisprudenza per il necessario vaglio di attendibilità oggettiva nonché la assenza di convergenza con le dichiarazioni rese dalla fonte primaria di conoscenza, Sonia Di Monte, la violazione del divieto di circolarità della prova dichiarativa, e, infine, l’estensione anche a Campilongo della forza probatoria della confessione stragiudiziale operata dal solo Donato e riferita dalla Di Monte in assenza dei necessari riscontri esterni individualizzanti.
Strage di Cassano, le confidenze di Sonia Di Monte a Bloise
Nelle motivazioni si evince che «le Corti di merito hanno esaminato approfonditamente il contenuto delle propalazioni di Bloise non rinvenendo nelle stesse incongruenze o altri sintomi di inattendibilità del narrato nei termini, invero generici, segnalati nei ricorsi o discrasie con quanto riferito nel verbale acquisto ai sensi dell’art. 500, comma 4, cod. proc. pen. dalla Di Monte. Né in senso contrario può valorizzarsi l’asserito contrasto nella individuazione del ruolo svolto da Donato e da Campilongo nella consumazione dell’omicidio. Pur avendo Bloise indicato in sede di esame, con espressione invero assai generica, che erano stati gli odierni imputati “a fare l’omicidio“, salvo rettificarsi a seguito della contestazione del pubblico ministero, è pacifico che quando ha riferito in modo dettagliato le confidenze ricevute, ha attribuito ad entrambi condotte del tutto sovrapponibili a quelle indicate dalla Di Monte nel verbale acquisto ai sensi dell’art. 500, comma 4, cod. proc. pen.».
«D’altra parte, che Bloise sia stato destinatario di confidenze relative alla partecipazione di Donato e Campilongo alla consumazione del triplice omicidio da parte dalla Di Monte e che quest’ultima, a sua volta, abbia appresso direttamente dal Donato quanto rilevato a Bloise, si evince chiaramente dalla conversazione intercorsa tra quest’ultimo e la Di Monte il 29 luglio 2015». E quindi «la testimone Di Monte ha riferito le dichiarazioni apprese dall’imputato Donato aventi, nello stesso tempo, contenuto confessorio ed accusatorio nei confronti del coimputato Campilongo. Il collaboratore di giustizia Bloise ha riferito di essere stato informato dalla Di Monte delle confidenze ricevute da Donato».
Strage di Cassano, le fasi prima del triplice omicidio
Sempre i difensori avevano provato a mettere in dubbio le dichiarazioni di Sonia Di Monte, ex compagna di Cosimo Donato, in merito alle dichiarazioni intercettive e dibattimentali rese dalla donna. La Cassazione anche in questo ha accolto in senso positivo le argomentazioni edotte sulla questione dalla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, rilevate nella prima sentenza della Corte d’Assise di Cosenza. «La Corte territoriale ha apprezzato, con argomentazioni logiche pertinenti, tale pacifica emergenza probatoria fortemente indicativa dell’attendibilità delle dichiarazioni della Di Monte e di Bloise, che avevano parlato di un appuntamento fissato dagli odierni imputati per facilitare la consumazione dell’agguato guado ancora l’ultimo avvistamento della autovettura con a bordo le tre vittime alla stazione AGIP e l’incontro con gli occupanti della autovettura station wagon non era un dato conosciuto, e che il deterioramento dei rapporti tra Donato, Campilongo e Iannicelli non era un serio ostacolo all’organizzazione dell’incontro-tranello di cui aveva parlato Donato alla Di Monte posto che i tre continuavano a mantenere rapporti costanti non solo personali, ma anche nel traffico degli stupefacenti e che, infine, lo Iannicelli, a causa della posizione delinquenziale ondivaga tra e organizzazioni mafiose operanti nel territorio, non era facilmente avvicinabile da altri soggetti di cui si fidasse maggiormente».
Il narrato di Iannicelli junior, il fumo e le celle telefoniche
Le difese, che puntavano a smontare il castello accusatorio, avevano evidenziato delle presunte incongruenze, oltre il confine dell’attendibilità, nel narrato di Giuseppe Iannicelli junior, figlio di Giuseppe e zio del piccolo Cocò, il quale aveva detto agli investigatori di aver visto fumo provenire dalla zona in cui maturò la strage di Cassano e di aver incontrato Cosimo Donato e Faustino Campilongo la sera del triplice omicidio, entrambi mal odoranti di benzina. «È stato opportunamente evidenziato che le celle agganciate dai rispettivi cellulari comprovano che Donato ed Campilongo, nel dirigersi verso Cassano, hanno seguito insieme, quindi nella stessa autovettura, un percorso, passando non per la strada provinciale (non servita dalla cella attivata dal Donato alle 0.11.52) ma, come rivelato da entrambi nell’immediatezza a Iannicelli Junior durante l’incontro nella piazza di Cassano (avvenuto poco dopo le 00.24), salva successiva ed interessata smentita in occasione del saluto per le condoglianze, per la “strada della montagna”, partendo da un luogo diverso dall’abitazione di Donato (lo svincolo autostradale di Firmo, individuato incrociando gli orari delle celle agganciate dai due cellulari ed il tempo necessario per percorrere i luoghi) e sostando in contrada Fiego, dove si trova la masseria Scorza, per un tempo sufficiente a dare fuoco all’autovettura. Hanno, infatti, percorso il tratto di strada che separa contrada Fiego dalla località servita dalla cella successivamente attivata dal cellullare in uso al Donato in dodici minuti anziché nei due minuti normalmente necessari».
Strage di Cassano con l’assenso del capo cosca
In conclusione, la Cassazione rileva che «Donato e Campilongo hanno previamente interpellato il capo cosca ed atteso il suo assenso all’operazione, ma, in attuazione del programma concordato con i complici, hanno avuto a disposizione il tempo per concordare con Iannicelli Giuseppe, all’epoca molto guardingo nell’incontrare persone e spostarsi al punto da portare con sé il nipotino come scudo utile ad evitare attentati alla sua vita, un appuntamento, verosimilmente legato alla consegna di denaro come accennato dai suoi familiari in uno dei colloqui intercettati, per attirarlo nel posto dove era stato ucciso insieme con i familiari che si trovavano in sua compagnia».
Si chiude il cerchio, dunque, sulla strage di Cassano. Con la speranza che la giustizia faccia ancora il suo corso e individui gli altri responsabili, autori di un triplice delitto che richiamò all’epoca anche le preghiere di Papa Francesco, sceso nella Sibaritide per chiedere il pentimento dei killer.
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