sabato,Aprile 1 2023

‘Ndrangheta, l’alleanza tra Cosenza, Cassano e Roggiano raccontata dal pentito

Il collaboratore Roberto Presta spiega in quale periodo il suo gruppo sarebbe entrato a far parte della confederazione, contestata dalla Dda di Catanzaro

‘Ndrangheta, l’alleanza tra Cosenza, Cassano e Roggiano raccontata dal pentito

Ci sono voluti oltre 20 anni per contestare al gruppo “Presta” il 416bis. In tutte le precedenti inchieste, dove emergevano profili indiziari relativamente a condotte delittuose poste in essere da soggetti che potevano essere legati o meno ai sodalizi di Roggiano Gravina e Tarsia, si parlava astrattamente di una cosa che dal punto di vista giuridico non esisteva. Oggi la Dda di Catanzaro mette un punto alla vicenda, ipotizzando che le persone vicine a Franco Presta, killer della cosca “Lanzino” di Cosenza e condannato in via definitiva per diversi omicidi di mafia, siano state assorbite nella confederazione dei clan che, a loro volta, risponderebbero solo a Francesco Patitucci, attualmente il capo della ‘ndrangheta cosentina.

Presta e il traffico di droga in “Valle dell’Esaro”

Per arrivare a questo tipo di ragionamento, i magistrati Cubellotti e Valerio riprendono le recenti dichiarazioni di Roberto Presta, cugino di Franco e fratello di Antonio, indicato in “Valle dell’Esaro”, quale vertice della presunta associazione dedita al narcotraffico. Cosa dice Roberto Presta? Racconta cosa vedeva con i suoi occhi e ascoltava con le sue orecchie rispetto alle formazioni dei gruppi e alle riunioni “segrete” avvenute alla presenza di Franco Presta, all’epoca latitante. Come in “Valle dell’Esaro”, dove si parla quasi esclusivamente di droga, anche nella recente inchiesta della Dda, c’è un’appendice dedicata al traffico di sostanze stupefacenti, contestata a una parte del gruppo di Roggiano Gravina.

Se il “gruppo Presta” acquista la droga nel Reggino

Ciò che non emerge dal processo in corso di svolgimento a Cosenza, è che il “gruppo Presta” non aveva alcun obbligo nei confronti dei cosentini, in termini di quota da versare come ricavato dell’attività illecita, avendo acquistato – secondo il teorema accusatorio – la cocaina da un “procacciatore” reggino. Il collegamento attuale tra Roggiano Gravina e Cosenza, secondo i pm antimafia, sta nel versamento di alcune somme di denaro relative alle estorsioni, quelle per intenderci consumate a Natale, Pasqua e Ferragosto. Atti delittuosi finalizzati a pagare gli “stipendi” alle famiglie delle persone carcerate. Un modus operandi che si rileva in tante inchieste.

In principio fu Franco Presta, come nasce l’alleanza con Cosenza

In principio, però, c’era Franco Presta. Ecco cosa dice il “cugino pentito”: «Riferisco che intorno al 2010, nel periodo in cui Franco Presta era latitante e prima che anche io e mio fratello ci rendessimo latitanti, abbiamo fatto un incontro sempre a casa di Erminio Pezzi, soltanto io, mio fratello e mio cugino, nel quale, quest’ultimo ci ha descritto esattamente i termini di questa alleanza fatta in quegli anni». Gli anni a cui si riferisce Roberto Presta sono quelli antecedenti alla seconda Guerra di Mafia nel Cosentino.

Leggi anche ⬇️

«Negli anni 1999-2001, all’interno del carcere di Cosenza, si decise di conferire per la prima volta delle doti di ‘ndrangheta in favore di soggetti cosiddetti zingari, tanto della zona di Cosenza quanto della zona di Cassano allo Ionio. Tale conferimento di doti, fu fatto in carcere da Franco Muto, Rinaldo Gentile, tale Mancuso della zona di Vibo Valentia, Damiano Pepe, Gianluca Marsico, e Chirillo (non ricordo se Romano o suo fratello); le doti furono conferite agli zingari Abbruzzese detto “Dentuzzo” di Cassano allo Ionio, a Giovanni Abruzzese, a “Banana” di Cosenza, e ad altri zingari di Cosenza, di cui non ricordo adesso i nomi». Consenso, dice Presta, che fu dato da «Franco Presta ed Ettore Lanzino», tramite “imbasciata”. E quali erano queste doti? «Ad Abbruzzese “Dentuzzo” so che venne conferita una “terza” dote; a Giovanni Abruzzese una “seconda”».

Le nuove affiliazioni degli zingari

Cosa comportavano questi conferimenti? Lo spiega ancora Roberto Presta. «Significava l’inserimento, per la prima volta, degli zingari nell’organizzazione criminale unitaria riconducibile a “Ruà-Lanzino-Patitucci” e della quale già facevano parte i gruppi di Paterno, Roggiano Gravina e Tarsia. Inoltre, tali doti di ‘ndrangheta legittimavano gli zingari ad effettuare a loro autonome affiliazioni».

La “commissione” e gli accordi su Cosenza

Il collaboratore di giustizia, quindi, parla anche di una “commissione” e degli accordi su Cosenza. “Agli italiani spettava il monopolio sulle attività di estorsione e di usura, nonché l’approvvigionamento delle sostanze stupefacenti da spacciare. Gli zingari provvedevano ad effettuare furti e rapine nonché a spacciare la sostanza stupefacente che gli veniva rifornita soltanto dagli italiani”. Ed ecco la presenza della presunta “commissione mafiosa”. “Per la parte cosentina fanno parte Gianfranco Ruà, Ettore Lanzino, Franco Presta, Francesco Patitucci, Renato Piromallo, Gigino Muto e Santo Carelli”.

Di questi, ad onor di cronaca, ricordiamo che Ruà è in carcere dal 1994, Lanzino e Presta dal 2012, Patitucci dal 2021, Piromallo attualmente era libero, Muto è rinchiuso dal 2016 (operazione Frontiera) e Carelli (deceduto di recente, ma prima della sua morte era in cella dal 1994 per la condanna nel processo Galassia). Presta, tuttavia, ne parla al presente. «La commissione si riunisce in posti diversi, anche in occasione di eventi “legali” quali, ad esempio, matrimoni per discutere e definire strategie criminali anche in riferimento a vicende politiche di potere in generale». E conclude: «Queste informazioni sono state riferite da Franco Presta a mio fratello Antonio Presta nel momento in cui quest’ultimo doveva subentrare a capo del nostro gruppo. Quindi se n’è parlato in occasione delle riunioni a casa di Erminio Pezzi ed a questi discorsi io ero presente».

Le sorti del “gruppo Presta”

Sempre Roberto Presta racconta di una riunione nei dintorni di Cosenza «finalizzata a decidere le sorti del “gruppo Presta”», dove Franco «designò Tonino come capo e referente della famiglia Presta. Questo incontro fu convocato per il tramite di Francesco Ciliberti, che ci comunicò di recarci a casa di Erminio Pezzi», e in questa occasione, dichiara Presta, «apprendevo che Michele Di Puppo era il riferimento criminale su Cosenza per conto di Francesco Patitucci, che in quel momento era detenuto, e ancora, «si ribadì la regola di spartizione dei proventi delle estorsioni, ovvero che una parte dei proventi delle attività estorsive perpetrate dal gruppo Presta sarebbe andata anche ai cosentini; allo stesso modo, viceversa, parte dei proventi estorsivi di Cosenza, sarebbe stata corrisposta al gruppo Presta. Per quanto a mia conoscenza, questa regola è rimasta osservata fino al giorno del mio ultimo arresto».

Articoli correlati