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«Delitto Lenti-Gigliotti, confessioni rese solo per scagionare Patitucci»

Ecco perché la Cassazione ha annullato il riconoscimento delle attenuanti generiche a Bruni e Ruà, due autori del duplice omicidio datato febbraio 1986

«Delitto Lenti-Gigliotti, confessioni rese solo per scagionare Patitucci»

Confessioni senza «ravvedimento», prive «di spontaneità», anche «inutili» perché precedute da quelle di sei collaboratori di giustizia, e soprattutto rese «chiaramente per scagionare il capocosca Francesco Patitucci».

È per queste ragioni che lo scorso 4 maggio – e con motivazioni rese note solo di recente –  la Corte di Cassazione ha annullato il riconoscimento delle attenuanti generiche concesse in Appello a Gianfranco Ruà e Gianfranco Bruni con riferimento alla loro condanna per il duplice omicidio di Marcello Gigliotti e Francesco Lenti datato 7 febbraio 1986.

Questo perché dopo la condanna a trent’anni di carcere incassata in primo grado al termine di un processo in abbreviato, i due avevano deciso di ammettere il loro coinvolgimento in quel crimine all’epoca maturato nell’alveo del clan Pino-Sena, gruppo del quale facevano parte sia le vittime che i carnefici.

In quest’ultima categoria, secondo Bruni e Ruà, non rientrava Francesco Patitucci, anche lui a giudizio per gli stessi fatti, però in dibattimento. Alla fine, il loro assist non era servito all’attuale boss della Confederazione per evitare l’ergastolo, ma aveva sortito effetti benefici per i due rei confessi: pena diminuita da trenta a vent’anni di reclusione per le attenuanti generiche riconosciute loro malgrado l’opposizione della Procura generale.

Ed è proprio a quei rilievi che si è richiamata in seguito la Cassazione: secondo i giudici romani, infatti, i loro colleghi catanzaresi non avrebbero dovuto ignorarli, o quantomeno confutarli, cosa che invece non è stata fatta. Da qui l’annullamento con rinvio a una nuova Corte d’appello per un replay del processo a carico di Bruni e Ruà.