Nella scena del duello tra Novecento e Jelly Roll Morton ne La leggenda del pianista sull’oceano, a un certo punto l’inventore del jazz esegue uno dei suoi pezzi forti, The Crave. È un brano talmente bello che al personaggio nato dalla penna di Alessandro Baricco, allora, viene da rinunciare alla sfida e replicarlo pari pari.

In un certo senso viene da far lo stesso anche a me, dopo aver letto l’editoriale di Antonio Clausi e le riflessioni sui social di Piero Bria. La seconda sconfitta consecutiva, la quarta in campionato, non preoccupa in quanto tale – di fronte, lo ricordo, c’era il Genoa – ma per com’è maturata. Ancora una volta contro un’avversaria in inferiorità numerica (come a Terni) zero tiri in porta. Esonero? Fiducia a oltranza? Anch’io credo sia d’obbligo, per rispondere, interrogarsi su quali siano gli obiettivi di questa squadra.

L’equivoco nasce dalla prima conferenza stampa di Gemmi, quella del famoso vogliamo stupire. Per me, ma credo anche per voi, stupire non equivale a puntare la zona playoff. Significa stare il più lontano possibile dal playout e togliersi qualche soddisfazione. Che è quel che è accaduto nelle prime giornate. Battere il Benevento non era scontato, reggere l’urto del Parma nemmeno, le incursioni in alta classifica neanche. Abbiamo sottolineato l’intensità con cui il Cosenza sapeva stare in campo, ma già da Terni in poi questa dote è stata smarrita. In compenso si è iniziato ad affacciarci sempre meno davanti alla porta avversaria. Poi l’infortunio di Florenzi, l’unico elemento in grado di cucire le due fasi nella metà campo avversaria, ha complicato dannatamente le cose.

Nel calcio vince chi segna un gol in più degli avversari, quindi classifiche come quelle basate sulle occasioni da rete lasciano il tempo che trovano. In realtà, come vedete e a parte un paio di eccezioni, rispecchiano molto la reale graduatoria. Esistono squadre ciniche, capaci di incassare e finalizzare il poco che creano (ed è quel che pensavo fosse la strada intrapresa da Dionigi, almeno fino alla vittoria col Como). Tuttavia i tre scenari di cui sopra colpiscono non tanto per l’ultimo posto (sempre appannaggio del Cosenza), quanto per le posizioni degli altri. Benevento e Cittadella, tanto per fare due nomi, ma pure il Venezia, mostrano di avere i numeri (e non solo i nomi in organico) per risalire posizioni. A parte il Perugia, già al secondo cambio in panchina e in grossa difficoltà, la zona retrocessione è piuttosto viva e forse mai tanto popolata da formazioni d’alto rango. Mentre nella parte alta otto/nove formazioni volano e si staccano dal gruppone, giù è un cantiere aperto nel quale noi rischiamo di scivolare molto rapidamente.

Il match di Ferrara ora diventa cruciale. Le parole del presidente Guarascio lasciano pensare a un possibile esonero in caso di risultato negativo. E qui torno a bomba, perché solo sette giorni fa mi ero espresso con un solenne fesseria a tal proposito.

Continuo a pensare che, rispetto agli ultimi anni, questa sia una rosa migliore. Messa in piedi con pochi spiccioli e diverse lacune (la scelta di Gozzi, quella di affiancare un secondo “morbido” a Matosevic), ma migliore. In grado di stare, anche se con difficoltà, in una categoria molto più competitiva del solito. Giocatori come Florenzi (quando rientrerà, spero presto), D’Urso, Brescianini e Rispoli uno o due anni fa non li avevamo. E un allenatore è chiamato a trovare una quadra per permettere ai suoi elementi migliori di incidere. A creare un contesto nel quale Calò, in evidente e clamoroso ritardo di condizione, possa essere presto in “forma partita” (e purtroppo esiste un solo modo di farlo: giocando le partite). A cercare soluzioni che evitino il ricorso ai lanci lunghi di Rigione in fase di impostazione del gioco e permettano di valorizzare i giovani che ha: penso ancora a Zilli, ma pure a Prestianni.

Esonerare un tecnico a questo punto della stagione avviene di solito solo in due casi: collasso del progetto o distanza siderale dagli obiettivi. Per quel che può valere, undici punti non sono pochi. Ma le difficoltà tattiche sono sotto gli occhi di tutti. E da queste parti lo scrivevo da diverse giornate.

Si tratta dunque di danzare davvero con l’oceano in tempesta. Dionigi è in grado di farlo? Non sono tuttavia i tifosi ad averlo sfiduciato, come racconta ora chi era salito frettolosamente sul carro del vincitore (che poi: quale carro? E quale vincitore?) dopo i tre punti col Como ed è ridisceso in selvaggia parata alla luce della sconfitta col Genoa. Messa così sembra che, dopo una serie di stagioni tranquille, i tifosi cosentini si siano imborghesiti e pretendano di veleggiare in alta classifica, battere il Genoa e la Reggina, consolidarsi in zona playoff. Niente di più falso e lontano dalla realtà. I tifosi da anni sostengono squadre modestissime, nella speranza che giochino a calcio. Lo fanno con numeri importanti anche in trasferta.

Non si tratta di essere di bocca buona, ma del minimo sindacale. Parafrasando Maria Antonietta, si parla del pane quotidiano, non delle brioches. E gli ultimi risultati sono apparsi molto lontani non solo dal vogliamo stupire di inizio stagione, quanto proprio dal dna di una squadra chiamata a lottare per non retrocedere. Due Minamò fa indicavo nel rinnovo di Florenzi un possibile cambio di rotta. Se quel cambio di rotta c’è davvero, il Cosenza non può permettersi di compromettere i risultati della stagione che ne fa le fondamenta. Detto in altre parole: esonerare Dionigi sarebbe una solenne fesseria; purtroppo, e con gran dolore di molte vedove tra le quali certo non mi annovero, potrebbe essere una fesseria necessaria.

Lo snodo chiave, dunque, è sicuramente Ferrara, ma non solo. Dopo la Spal, e fino alla prossima sosta, le gare contro Frosinone, Pisa e Palermo rappresentano uno spartiacque. Le ultime soprattutto, ora come ora, sono due scontri diretti. Servono segnali chiari. Pane, non brioches.