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Quando arrestarono Pagliuso, il clamoroso errore giudiziario compie vent’anni

Il 26 marzo del 2003 scatta l'operazione "Lupi", l'allora patron del Cosenza calcio resterà in carcere per ben nove mesi prima di essere scagionato

Quando arrestarono Pagliuso, il clamoroso errore giudiziario compie vent’anni

Il 26 marzo del 2003 è memorabil data. Quel giorno, infatti, le manette si stringono ai polsi dell’allora presidente del Cosenza calcio, Paolo Fabiano Pagliuso, sulla scorta di un sospetto: aver trasformato la società in una sorta di «lavanderia del denaro sporco della criminalità organizzata». Un’accusa che si rivelerà poi completamente infondata, ma tant’è: il suo arresto segna l’inizio della cosiddetta operazione “Lupi” che, a conti fatti, passerà agli annali della cronaca come uno dei più grandi flop giudiziari di sempre. Vent’anni dopo, ripercorriamo le tappe di quella vicenda che ha lasciato una cicatrice ancora ben visibile sul volto della città.

Oltre a Pagliuso, che resterà ingiustamente dietro le sbarre per ben nove mesi, finiscono agli arresti – fra carcere e domiciliari – altre dodici persone fra componenti del suo consiglio d’amministrazione e alcuni affiliati (veri e presunti) delle cosche cosentine. La Dda dell’epoca li ritiene uniti da un unico disegno criminoso. Le accuse che piovono sul patron, infatti, sono di quelle da far tremare le vene e i polsi: associazione a delinquere ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso, appropriazione indebita, falso in bilancio, truffa ai danni della Figc e della Covisoc. In più, gli inquirenti accusano Pagliuso di essere anche il mandante delle intimidazioni al giornalista sportivo Giuseppe Milicchio e all’imprenditore Settimio Lorè. Quest’ultimo, in particolare, si riteneva fosse stato messo sotto pressione per indurlo a cedere le quote societarie in suo possesso.

Alla fine, però, quel teorema non trova alcun riscontro in aula e gli imputati saranno assolti con una motivazione chiara: «Il fatto non sussiste». Quei reati, dunque, non esistono. Non sono mai stati consumati. A nulla vale il tentativo dell’accusa di dimostrare il contrario, avvalendosi del contributo di svariati collaboratori di giustizia. Il loro intervento, infatti, avrà un effetto analogo a quello di un clamoroso autogol. Il Tribunale, infatti, giudica «inutili» i racconti dei pentiti Francesco Amodio e Antonio Di Dieco, mentre le deposizioni di Oreste De Napoli e Franco Garofalo, più che inchiodare Pagliuso, giocano a favore della sua innocenza.

De Napoli, infatti, può solo ammettere che la società “Cosenza calcio” era vittima di continue richieste estorsive e altrettanto farà Garofalo, ex braccio del boss Franco Perna. Quest’ultimo, arrestato nel 1996, riferirà ben poco sui fatti trattati nel processo (che risalivano al periodo compreso tra il 1999 e il 2001), ricordando però come come anche la “Grandi impianti” di Paolo Fabiano Pagliuso fosse sottoposta a richieste estorsive. Il presidente del Cosenza, dunque, era vittima e non carnefice. Non spalleggiava la malavita ma era da essa taglieggiato. I giudici lo scriveranno a chiare lettere nelle motivazioni della sentenza.

Il processo si concentra in poche udienze fiume e a ottobre del 2006 arriva il verdetto che scagiona tutti e tredici gli imputati. Un anno e mezzo più tardi, a Catanzaro va in scena il secondo round giudiziario destinato a mettere una pietra tombale sull’inchiesta.  Non a caso, in quella sede la Procura generale si limiterà a proporre una sola modifica all’accusa di truffa ai danni della Figc, chiedendo la prescrizione del reato, ma per il resto si allinea alle difese sulla richiesta di un’assoluzione bis e collettiva.

Finirà così, ma come dicevamo la vicenda giudiziaria è destinata a lasciare strascichi devastanti. Uno  su tutti: la fine del calcio professionistico nella città dei Bruzi. Il fatidico 26 marzo, infatti, oltre all’arresto del presidente si procede anche al sequestro di tutti i suoi beni mobili e immobili, tra cui le società calcistiche del Cosenza e della Spal. In virtù di questi eventi, la squadra non potrà iscriversi al campionato di serie B e sarà costretta a ripartire dalle serie dilettantistiche.