Il pentito: «Aveva un debito con Porcaro e fu costretto a chiudere l’attività»
Il collaboratore di giustizia Danilo Turboli parla delle persone che orbitavano nel clan degli italiani e racconta un episodio specifico
La galassia della ‘ndrangheta cosentina raccontata dai pentiti. Sono loro infatti ad aiutare i magistrati della Dda di Catanzaro a comprendere meglio le dinamiche interne ai vari clan, svelando o confermando i fatti-reato di cui sono a conoscenza. Negli ultimi anni si sono registrati diversi pentimenti e in epoca recente a “saltare il fosso” sono stati Ivan Barone e Danilo Turboli. Quest’ultimo, già “braccio destro” e sinistro di Roberto Porcaro, riferisce su episodi che vedono coinvolti quelli vicini al gruppo che, secondo la Dda di Catanzaro, sarebbe stato diretto dal presunto esponente degli italiani, mai condannato nella sua carriera criminale per associazione mafiosa, nonostante venga inserito nella cosca “Lanzino“.
Turboli parla delle persone vicine a Porcaro
Ciò che racconta Turboli sono i rapporti intrattenuti da lui con Porcaro e altri soggetti vicini al presunto “reggente” del clan. Il collaboratore di giustizia infatti fa un resoconto delle persone inserite dagli investigatori nel sodalizio, a cominciare da Antonio Illuminato, del quale dice: «Lo conosco come uomo molto vicino a Roberto Porcaro che in alcune occasioni, nel 2012-2013, mi ha anche ceduto sostanza stupefacente del tipo cocaina. All’epoca io e Illuminato stavamo sempre insieme in quanto abitavamo nello stesso palazzo». Su Marco D’Alessandro, presunto mafioso vicino a Michele Di Puppo, spiega di aver ceduto «in più occasioni sostanza stupefacente del tipo cocaina». E ancora: «Sergio La Canna» dichiara Turboli è un «soggetto che era spesso con mio fratello e che era del mio stesso quartiere. Lo vedevo spessso La Canna presso la fruttivendola di mio fratello e so che giocavano a carte insieme».
Il pentito parla anche di Pasquale Bruni: «Su mandato di Porcaro, mi recai insieme a Checco Greco presso l’autolavaggio di Pasquale Bruni in via Popilia, al fine di costringerlo a chiudere l’attività. La ragione per la quale Porcaro ci aveva dato questo ordine è che Bruni aveva contratto un debito mai saldato con Porcaro. In occaaùsione di questo mandato Roberto Porcaro invitava me e Greco ad essere prudenti nel compimento dell’azione richiestaci in quanto, Bruni è soggetto che è solito rivolgersi alle forze dell’ordine. Ricordo che, una volta giunti presso l’autolavaggio, Pasquale Bruni era assente, parlammo con il fratello e lo costringemmo a chiudere l’attività».