‘Ndrangheta a Cosenza, poche parti civili a “Reset”. Prevale la paura
Su 135 parti offese, solo un pugno di imprenditori e commercianti ha scelto di costituirsi nel processo. E spicca anche qualche assenza istituzionale
Potevano formare un piccolo esercito, ma alla fine sono rimasti davvero in pochi. I commercianti e gli imprenditori di Cosenza e provincia che, loro malgrado, hanno subito soprusi dai clan di ‘ndrangheta locali, marcheranno visita al processo “Reset” ormai ai nastri di partenza. Solo una sparuta pattuglia, infatti, ha scelto di costituirsi parte civile contro i presunti autori di pestaggi, intimidazioni e richieste estorsive consumate ai loro danni negli ultimi sei anni.
Una quindicina in tutto, ma è un elenco che include quattro enti (Provincia, Regione e i Comuni di Cosenza e Rende), un’associazione antiracket e un filotto di ministeri (Interni, Tesoro, Giustizia e Presidenza del Consiglio), ragion per cui le persone fisiche che hanno intrapreso questa scelta si riducono a pochissime unità.
Eppure, in origine i presupposti sembravano differenti. Non a caso, erano ben 135 le parti offese inquadrate come tali nell’inchiesta in ragione dei torti che, in tempi diversi, ognuno di loro aveva subito dalla criminalità organizzata. E si tratta solo dei reati ai quali la Dda è riuscita ad associare un presunto responsabile, altrimenti la cifra sarebbe stata ancora maggiore.
Prima della chiusura delle indagini preliminari, gli inquirenti hanno effettuato un’ulteriore ricognizione tra le vittime, in particolare tra quelle che non avevano denunciato l’intimidazione ricevuta. Un atto dovuto, in ossequio alle novità introdotte dalla Legge Cartabia, che aveva sortito gli effetti auspicati: su 82 soggetti interpellati, in 24 avevano dato il loro assenso.
Quasi uno su tre, dunque, il che lasciava supporre che, in linea con questa media, sarebbero stati almeno una cinquantina a costituirsi in giudizio nel momento fatidico. E invece nulla di tutto ciò. Il fronte delle istituzioni ha risposto in modo compatto, con la sola eccezione del Comune di Roggiano Gravina, ma per il resto ha prevalso l’indifferenza. O peggio ancora la paura.
A conti fatti è un’occasione persa per riaffermare che alla lotta alla ‘ndrangheta partecipa ormai a pieno titolo anche la cosiddetta società civile, un pensiero che, alla luce di questo epilogo, suona però come una dichiarazione d’intenti che fatica a trovare applicazione nella realtà.
A dimostrarlo, non sono tanto gli assenti, ma proprio chi ha scelto di essere parte civile in questo processo antimafia. Pochissimi dicevamo, in pratica un manipolo di coraggiosi. Ecco, doverli definirli ancora così, come avveniva negli scorsi decenni, forse è proprio questa la vera sconfitta.