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Nel provvedimento di non omologazione del concordato preventivo proposto dall’azienda di trasporto pubblico locale “Amaco Cosenza“, dichiarata fallita dal tribunale di Cosenza, emerge l’eccezione sollevata dall’Agenzia delle Entrate in merito all’inclusione del Comune di Cosenza tra i creditori consenzienti relativamente alle classe 7, 8 e 9 per «mancata dimostrazione della fattibilità del piano depositato e l’omessa ricomprensione del credito certificato dalla stessa Agenzia», scrive nella sentenza il tribunale collegiale fallimentare di Cosenza, presieduto dal presidente Rosangela Viteritti.
L’Agenzia delle Entrate aveva evidenziato, altresì, «il difetto di convenienza ai sensi dell’art. 112, comma III, CCII, della proposta formulata con contestuale richiesta di nomina di un consulente tecnico per la corretta valutazione del complesso aziendale, che tenga conto non solo del valore atomistico dei singoli beni, ma anche del valore complessivo, nonché valuti la redditività del servizio “Al Volo” e analizzi i plurimi profili di responsabilità addebitabili nei confronti del management e dell’Azionista, con contestuale determinazione del danno arrecato e delle utilità ricavabili dalle conseguenti azioni e, pertanto, con una rinnovata valutazione della soddisfazione ricavabile da parte dei creditori nell’alternativa liquidatoria».
Il tribunale di Cosenza ha ritenuto fondata l’eccezione di Agenzia delle Entrate in ordine alla situazione di conflitto di interesse del Comune di Cosenza, nella qualità, ad un tempo, di socio unico della debitrice e di suo creditore. «Il voto del Comune, sebbene creditore, a sua volta, della proponente per il versamento dei tributi, è voto che comunque promana dal socio unico, titolare del 100% delle quote di Amaco e dunque in definitiva, riconducibile alla stessa società debitrice, non essendoci alcuna sostanziale divergenza soggettiva tra l’ente titolare del 100% delle quote e la sua partecipata» si legge nel provvedimento.
«Si è in presenza, pertanto, di un conflitto, ontologicamente apprezzabile, tra i due ruoli, formalmente opposti, entrambi rivestiti dal Comune, che non può non inficiarne la legittimità del voto, ove si consideri, per l’appunto, secondo quanto osservato dalle Sezioni Unite della Cassazione, che tra chi formula la proposta di concordato e i creditori che tale proposta sono chiamati ad accettare vi è dunque un contrasto di interessi di carattere immanente, coessenziale alle loro stesse qualità, essendo l’uno propriamente qualificabile come controparte e i secondi, al contrario, a massimizzare la soddisfazione del loro credito».
Pertanto, il voto del Comune di Cosenza è «privo di valore», in quanto espresso «da un creditore portatore di un interesse non omogeneo rispetto a quello della “massa” dei creditori intesa nel suo complesso e sovrapponibile, quanto meno in parte, all’interesse della stessa debitrice». I giudici, inoltre, hanno sottolineato, che «le argomentazioni difensive, secondo le quali il Comune, in quanto portatore di un interesse pubblico, avrebbe agito secondo regole stringenti, orientate al perseguimento del bene comune, appaiono di carattere pleonastico, posto che la condizione di conflitto è apprezzabile sotto il profilo squisitamente formale, restando ad essa estranee considerazioni attinenti la valutazione, in concreto, dell’azione svolta dall’amministrazione».
In definitiva, il tribunale di Cosenza «ritenuta non corretta, ab origine, la formazione delle classi dei creditori; venuta meno, altresì, la maggioranza delle classi, in ragione della situazione di conflitto ravvisabile in capo al Comune di Cosenza; ritenuto che non sussista neppure il requisito descritto dalla lett. d) del comma secondo dell’art. 112 CCII, non ravvisandosi il voto favorevole di neppure una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione, non omologa il concordato preventivo proposto da Amaco Cosenza Spa».