venerdì,Febbraio 14 2025

Recovery, confermata la custodia cautelare per Stefano Casole

L'indagato nel procedimento penale Recovery è accusato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e agevolazione di un’associazione a delinquere di stampo mafioso

Recovery, confermata la custodia cautelare per Stefano Casole

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Stefano Casole contro il provvedimento di conferma del Tribunale del Riesame di Catanzaro che aveva confermato la misura di custodia cautelare. Casole nel procedimento penale Recovery è accusato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e agevolazione di un’associazione a delinquere di stampo mafioso.

Le accuse contro Stefano Casole

Secondo gli inquirenti, Casole avrebbe partecipato a episodi di tentata estorsione utilizzando metodi che richiamano la forza intimidatrice delle organizzazioni mafiose. Tra le condotte contestate, vi sono il lancio di bottiglie incendiarie e l’incendio di automezzi, strumenti volti a costringere le vittime a pagare somme di denaro.

L’indagine ha collocato Casole all’interno di un contesto criminale più ampio, collegato alla presunta confederazione ‘ndranghetista operante nel territorio cosentino. Gli investigatori avrebbero evidenziato i legami tra Casole e figure chiave della consorteria mafiosa, come Marco Lucanto e Antonio Illuminato, esponenti del gruppo guidato da Francesco Patitucci.

Il ricorso e le motivazioni della Cassazione

Il legale di Stefano Casole aveva sollevato dubbi sulla gravità del quadro indiziario, sostenendo che i giudici di merito avessero basato la loro decisione su supposizioni investigative non supportate da prove concrete. Inoltre, la difesa ha contestato l’attualità del pericolo di recidiva, evidenziando lo stato di incensuratezza di Casole e un presunto “cambiamento di vita”.

La Corte di Cassazione, però, ha respinto tali argomentazioni, ritenendole generiche e prive di fondamento. I giudici hanno sottolineato come il Tribunale di Catanzaro avesse offerto una motivazione dettagliata e coerente, evidenziando il ruolo di Stefano Casole nelle presunte attività estorsive e la sua consapevolezza del contesto mafioso.

La Corte ha inoltre ribadito che la circostanza aggravante del metodo mafioso si basa sulle modalità della condotta, che evocano la tipica forza intimidatrice dell’organizzazione criminale. Un approccio in linea con precedenti giurisprudenziali, che confermano la rilevanza delle modalità intimidatorie per configurare tale aggravante.

Il contesto criminale

L’inchiesta Recovery ha delineato un quadro preoccupante del territorio cosentino, dove operano gruppi criminali affiliati alla ‘ndrangheta di Cosenza. La struttura gerarchica e i rapporti consolidati tra gli esponenti delle diverse famiglie mafiose garantiscono il controllo delle attività illecite, tra cui il narcotraffico e l’estorsione.

Stefano Casole, secondo l’accusa, avrebbe agito per agevolare il sodalizio mafioso, contribuendo a rafforzare il dominio sul territorio. Gli episodi estorsivi contestati sarebbero stati funzionali a consolidare il potere dell’organizzazione, creando un clima di paura tra le vittime cosentine.

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