«Non aver offerto sin da subito la casa comunale come luogo per allestire la camera ardente di Franco Piperno lascia senza parole. Non solo per l’inopportunità politica, ma per ciò che, in una gelida giornata di gennaio, rappresenta: il volto freddo, autoreferenziale e distante di un’istituzione che dimentica il suo ruolo di rappresentare la collettività, tutta». A proferirle è Lisa Sorrentino per conto del Laboratorio Civico di Rende guidato da Marcello Manna. La polemica sin inserisce in giornate di lutto in cui amici e militanti stanno omaggiando con l’ultimo saluto l’ex leader di Potere Operaio. La camera ardente, infatti, è stata allestita all’Inrca di Mendicino e non a Palazzo dei Bruzi come la sua compagna, Marta Petrusewicz, sperava.

Ai nostri microfoni, con grande orgoglio, ieri ha dichiarato «Qui vedo tanti compagni che hanno fatto le battaglie politiche insieme a lui, battaglie civiche, a cominciare dalla scuola. Vorrei tanto che il saluto a lui si facesse al Planetario, ma andrebbe prima riaperto perché a quanto pare il Comune è luogo riservato in questi casi solo agli ex sindaci». L’unica commemorazione prevista per Franco Piperno nei prossimi giorni é organizzata dal Dipartimento di Fisica e si terrà Venerdì 17 alle ore 11:30 presso il cubo 31 C dell’Università della Calabria.

Per Lisa Sorrentino «Franco Piperno non è stato soltanto una personalità politica e culturale di rilievo, ma un simbolo della complessità, delle contraddizioni e della passione civile di un’epoca. Figura carismatica e pensatore libero, è stato protagonista della vita politica di Cosenza, ricoprendo anche ruoli di responsabilità nelle amministrazioni di Giacomo Mancini ed Eva Catizone, lasciando un’impronta che non può essere ignorata. Tante compagne e compagni, tante cittadine e tanti cittadini – ha scritto – hanno voluto rendergli il giusto omaggio. In molti sono giunti da fuori città per onorarne la memoria, dimostrando quanto il suo pensiero e la sua figura abbiano ancora la capacità di parlare a chi crede nella politica come impegno e nelle idee come motore del cambiamento. Eppure, di fronte a questa mobilitazione spontanea, il Comune di Cosenza non ha pensato di aprire le sue porte».

«La proposta tardiva di una soluzione alternativa non può esimere dal disappunto – prosegue il Laboratorio -. Dinanzi a certe vicende, non ci sono regolamenti o scelte da concordare. La politica dovrebbe essere, prima di tutto, capacità di sentire: percepire la voce della comunità, cogliere l’importanza del momento e agire con prontezza e sensibilità. Questo, invece, è stato l’ennesimo gesto che restituisce l’immagine di un’istituzione distante, incapace di riconoscere il valore della storia e della pluralità»

«Le istituzioni – ha concluso Sorrentino – non sono proprietà di chi le guida, ma spazi di partecipazione e simboli di inclusione. E per chiudere con le parole di Franco: “La forma della democrazia comunale è in grado di offrire una possibilità d’impiego del tempo libero, impiego che realizza naturalmente – assai più efficacemente che la scuola – la formazione di cittadini consapevoli e responsabili” È evidente che c’è ancora molta strada da percorrere».

Anche Francesco Febbraio, storico esponente di Radio Ciroma e dell’attivismo cittadino, non ha gradito quanto accaduto tra il Comune di Cosenza e i più stretti congiunti di Franco Piperno dopo la sua morte. «La memoria non è mai un semplice atto formale, ma uno strumento fondamentale per costruire il futuro. La vicenda della mancata offerta di allestire la camera ardente per Franco Piperno da parte dell’amministrazione comunale di Cosenza solleva interrogativi più ampi sul rapporto tra istituzioni e memoria collettiva. Piperno, figura controversa ma di indubbio rilievo politico e intellettuale, rappresenta un pezzo di storia della città. Il suo ruolo di assessore nella giunta Mancini – ha detto – ha contribuito a plasmare una visione politica locale che, nel bene o nel male, ha lasciato un’impronta».

«Il silenzio dell’amministrazione del sindaco Caruso, a prescindere dalle ragioni, può essere interpretato come un segnale di disconnessione tra le istituzioni e la comunità che queste dovrebbero rappresentare. Riconoscere il contributo di una personalità non significa necessariamente condividere ogni aspetto del suo operato – prosegue Feabbraio – ma implica accettare il principio che la storia di una comunità è fatta di molte voci, alcune armoniche, altre dissonanti. Ignorare questo principio può portare a una politica sterile, incapace di guardare al di là del presente per abbracciare la complessità della memoria collettiva».

«L’assenza di un gesto simbolico, come l’allestimento della camera ardente, può apparire come una rinuncia a questo sforzo di ricomposizione. Ma ci invita anche a riflettere: qual è il ruolo delle istituzioni nella narrazione condivisa della nostra storia? E come possiamo garantire che la memoria non venga strumentalizzata o, peggio, cancellata? La vicenda – conclude – ci richiama alla necessità di coltivare una politica capace di confrontarsi con il passato senza timori, capace di riconoscere il valore delle differenze e, soprattutto, capace di mantenere vivo quel filo che lega i cittadini alla propria storia e alla propria comunità».