«A riguardo degli interventi di riqualificazione avvenuti alla Villa Comunale di Cosenza e agli altri giardini presenti a Cosenza riteniamo che il problema non è tanto chi fa i progetti, ma come vengono realizzati, specialmente in contesti di grande valore ecologico e storico. L’improvvisazione diffusa dovuta all’abbassamento delle competenze è tristemente attuale. Il Paradosso delle Competenze declinate in un’epoca di accesso facilitato all’informazione e di crescente consapevolezza ambientale, ha creato una diminuzione delle competenze specifiche necessarie per intervenire in modo appropriato su sistemi complessi.

Questo fenomeno è spesso legato a diversi fattori: la tendenza a semplificare problemi complessi che porta a credere che un singolo professionista, magari con una formazione generalista, possa gestire tutte le sfaccettature di un progetto, la riduzione dei costi a discapito della qualità. La ricerca del risparmio economico porta a privilegiare soluzioni rapide, affidandosi a personale non adeguatamente qualificato o omettendo fasi essenziali di analisi e progettazione. La frammentazione delle conoscenze è un altro problema perché la specializzazione estrema, pur essendo necessaria, talvolta porta a una visione settoriale che preclude la comprensione olistica del sistema.

Questi elementi contribuiscono a un approccio improvvisato, in cui le decisioni sono prese senza un’adeguata base scientifica o una visione a lungo termine, con conseguenze spesso irreversibili. Quando si interviene in un contesto complesso come un giardino storico con piante secolari, le competenze di tipo ambientale e scientifico non solo hanno la priorità, ma sono fondamentali. Ci troviamo infatti all’interno di un biotipo – un ambiente caratterizzato da condizioni ambientali uniformi e abitato da una comunità specifica di organismi (biocenosi) – dove piante, elementi vivi, la coabitazione con la fauna e l’antropizzazione umana in un centro storico si intrecciano in un equilibrio delicato.

In questi scenari, la concezione tradizionale che vede l’ingegnere o l’architetto come figure dominanti nel processo decisionale è limitante e potenzialmente dannosa. La gestione di tali ecosistemi richiede un approccio interdisciplinare che coinvolga più specialisti. Il Paesaggista: essenziale per la progettazione e la gestione degli spazi aperti, con una profonda conoscenza delle specie vegetali, della loro ecologia e delle tecniche di conservazione e valorizzazione estetica. L’agronomo: fondamentale per la salute del suolo, la nutrizione delle piante, il controllo delle malattie e la gestione delle risorse idriche, basandosi su principi di pedologia e fisiologia vegetale. L’arboricoltore: specialista della cura e della gestione degli alberi, con competenze specifiche sulla loro biologia, patologie, stabilità e tecniche di potatura conservative, cruciale per la salvaguardia degli esemplari secolari.

Il forestale: conoscitore degli ecosistemi forestali e arborei, capace di valutare la stabilità degli alberi, la loro interazione con l’ambiente circostante e di pianificare interventi di gestione sostenibile, il faunista: indispensabile per comprendere le dinamiche delle popolazioni animali presenti nel giardino (uccelli, insetti, piccoli mammiferi). La biodiversità è un indicatore cruciale della salute dell’ecosistema. Questi professionisti concorrono a trovare soluzioni che non solo migliorino il parco, ma lo portino il più vicino possibile a una fase climax che rappresenta lo stadio finale di successione ecologica, in cui una comunità biotica tende a un equilibrio stabile con le condizioni ambientali, massimizzando la resilienza.

L’obiettivo è rendere il parco fruibile agli avventori, senza alterarne l'integrità ecologica e storica. L’Italia è piena di giardini di grande rilevanza, come, per esempio, i giardini Boboli dove in primis è imperativa la conservazione. La sua sopravvivenza attraverso i secoli non è frutto di un’azione casuale, ma di una cura costante e meticolosa basata sulla conoscenza approfondita. In contesti simili, l’approccio non può essere quello di tagliare e piantumare cose nuove ma deve essere orientato al mantenimento, all’integrazione e alla conservazione e questo implica una costante opera di manutenzione per preservare lo stato attuale delle piante secolari, degli elementi architettonici e del disegno originale del giardino, rispettando i cicli naturali e storici. Integrazione armonica laddove necessari (ad esempio, la sostituzione di piante malate o morte) che devono avvenire con specie coerenti con il contesto storico e botanico, possibilmente autoctone o tradizionalmente presenti nel sito.

L’ottica è quella di far sì che il giardino sfidi i secoli. Concetto che a Cosenza si contrappone all’atteggiamento tipico dei palazzinari di basso livello che distruggono e ricominciano daccapo perdendo irrimediabilmente storia, gloria e pregio. La conservazione di un giardino storico non è solo un atto di rispetto per il passato, ma un investimento culturale ed ecologico per il futuro. In sintesi ci sarebbe voluto un cambio di paradigma nella gestione dei progetti in contesti complessi perché non si tratta più solo di competenze tecniche generiche, ma di una visione olistica che integri profondamente le scienze ambientali e naturali con la storia e l’estetica, affidandosi a un team multidisciplinare di esperti». Così Piero Dramisino, membro Coordinamento Progetto Meridiano.