La squadra di Buscè rimonta gli avversari di giornata e si inserisce nella lotta promozione, ma la spaccatura fra società e tifo non si riduce
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Il Cosenza batte due colpi promozione. Le reti di Kouan e Garritano, che hanno permesso ai rossoblù di superare il Benevento, fra le favorite alla Serie B, sono la dimostrazione che, in campo, i Lupi sono diventati grandi. Bisognava riprendere le misure con la Serie C, questo era certo: non bisognava essere presuntuosi, come in alcune occasioni si era visto, e bisognava adattarsi agli avversari. Detto fatto, ed ecco la terza vittoria consecutiva, contro una delle tre super potenze del Girone. E i Lupi sono a un passo dalla vetta (in attesa, ovviamente, della capolista Salernitana).
Una vittoria con lo sguardo in alto, dunque, anche se non basta e non basterà per ricucire lo strappo fra l’ambiente e la proprietà. Ancora una volta, le Curve hanno deciso di disertare lo stadio. Checché ne dicano i benpensanti, il tifo organizzato ha espresso alla meglio il proprio pensiero: non bastano i risultati, indipendenti dalla volontà delle stanze del potere e frutto del lavoro di squadra, a riavvicinare la città a questa formazione, che pure meriterebbe (e riceve) elogi. E, dopo quello che è successo fra l’anno scorso e quest’estate, è difficile trovare argomentazioni contrarie a chi protesta. Quasi impossibile.
Si potrebbe dire che adesso il Cosenza, dopo la vittoria sul Benevento, si gioca il campionato e ha bisogno del sostegno della propria gente. Ma si deve anche dire che questa squadra si trova così composta da gente che in Serie C fa la differenza anche un po’ per caso. Un elemento su tutti, Ricciardi, che fino al 31 agosto sarebbe dovuto andare via: invece, per contingenze indipendenti dalla volontà del giocatore e della società, è rimasto ed è decisivo, essendo evidentemente un calciatore di categoria superiore. Ma è questo, la voglia di affidarsi al “come va va”, che i tifosi non digeriscono.
Menzione di merito, e non potrebbe essere altrimenti, per il tecnico Antonio Buscè, che è riuscito a tenere a galla un gruppo nel momento forse peggiore dell’ultracentenaria storia dei Lupi. La compattezza della squadra c’è, si vede in campo e si percepisce fuori dal rettangolo verde. E a lui, infatti, nessun tifoso imputa niente. Chi ha fatto disamorare una città della sua squadra non era né in panchina, né in campo. Anzi, proprio dall’erba del “Marulla” il Cosenza dell’ex Rimini può iniziare a guardare in alto.


