Non so se vi è mai capitato di andare a vivere in una città, sapendo che sarebbe stata solo una parentesi, ma per me Perugia è stata proprio così.

Ci sono arrivato nel 2000, per l’università: la prima, vera esperienza lontano da Cosenza. È durata cinque anni, intensi e bellissimi (gli ultimi due davanti a una chiesa intitolata a San Francesco di Paola, in pieno centro). Che tuttavia ho affrontato con la consapevolezza che, il giorno dopo la laurea, avrei chiuso i bagagli e sarei andato via. Così è stato. Sono tornato per qualche rimpatriata, una gita coi figli, ma anche lì: il grosso degli amici dell’università aveva vissuto Perugia allo stesso modo mio. Laurea, bagagli, altro giro, altra corsa.

Due ritorni sono coincisi con altrettante trasferte per il Cosenza. In un gelido pomeriggio del febbraio 2019, quando Bruccini ci permise di portare a casa tre punti pesantissimi. E in una eroica notte dello stesso anno (eroica per me, perché arrivai al Curi e tornai a Firenze con la macchina in panne), quando Riviere segnò una delle più belle reti mai viste da un attaccante in maglia rossoblù.

E ora quindi la domanda è la seguente: devo tornarci sabato? Quesito necessario, perché quest’anno sono riuscito a essere presente in trasferta solo tre volte. E ho visto il Cosenza subire dodici gol segnandone uno solo (a chi indovina le tre partite in questione, birra offerta al Curi).

A Perugia, tuttavia, nel lungo periodo resto imbattuto. E sarei dunque quasi tentato di andare a recuperare dallo sfasciacarrozze la vecchia Ford con cui timbrai il cartellino nelle mie due ultime incursioni umbre.

Scaramanzie a parte il punto è che, pareggiando in casa col Cittadella, il Cosenza ha fallito una enorme chance per cacciarsi fuori dai guai con larghissimo anticipo. O almeno così pensavo io, perché invece se guardo il Venezia a 39 punti tutto mi viene da pensare fuorché sia già salvo.

In fondo contro i veneti era più importante non perdere. Il vantaggio di D’Urso ci ha illuso di aver messo tra parentesi tutte le difficoltà di giornata (l’assenza di Brescianini e Florenzi, la bravura degli avversari di mettere le briglie a Marras dopo il primo quarto d’ora), ma poi tocca ringraziare Micai per aver evitato l’1-2 di Antonucci nella ripresa.

Dunque è proprio la partita del Curi a diventare decisiva. Anzi, l’intero prossimo turno può rappresentare uno spartiacque nella zona retrocessione. E non solo. Dipende da noi. Dipende dalla Reggina, col Brescia, se in quella lotta (specie dopo il -3) vuole restarci. Dipende pure da Palermo, Modena e Ternana: se vogliono davvero rientrare nella corsa playoff, devono battere Benevento, Spal e Venezia. La convergenza di questi cinque risultati può determinare un solco con le ultime quattro che, a quattro giornate dalla fine del campionato, potrebbe portare chi sta sopra verso la salvezza diretta. Magari senza playout.

La prossima giornata è il confine canadese passato il quale Franky riesce a farla franca in Highway patrolman (e il fratello Joe mette tra parentesi il fatto di essere un buon poliziotto).

Il ruolino degli umbri in casa non è irresistibile: non vincono dal derby con la Ternana, a febbraio. E, dopo il match con noi, hanno davanti due scontri vita o morte con Spal e Venezia, più l’ultima col Benevento (ma, a quel punto, i giochi potrebbero essere già fatti).

So bene che esiste una fronda di incontentabili per i quali i segni X con Palermo e Cittadella sono stati due passi falsi, ma dio delle città (e dell’immensità) come si fa a non capire che due mesi fa partite così le avremmo perse?

Non so se vi è mai capitato di seguire una squadra che credevate fosse dentro a un tunnel (the story of my life, avrebbe sorriso un mio vecchio amico). E, invece, è riuscita a mettere quel tunnel tra parentesi – come a me è capitato con Perugia. Solo che io lo sapevo da subito, che le notti sulle scalinate di piazza IV Novembre e le birre al Macadam sarebbero state (purtroppo) una parentesi. Il Cosenza no. Il Cosenza di Viali quel tunnel tra parentesi ce l’ha messo a forza di risultati. Ha trovato le forze per correre, quando tutti lo davamo per spacciato.

Ora quel che William non deve fare è sottovalutare l’avversario – il Perugia, tanto per dirne una, il Cittadella l’ha battuto. E nemmeno lasciarsi disfare un piano tattico (com’è accaduto con Marras, sabato) senza averne uno di riserva. Perché, se mi permettete il paradosso, è quasi più semplice stare dentro una partita difficile, come contro Frosinone e Pisa, che non davanti a un avversario più debole, come il Cittadella. Fateci caso: conoscendo la letalità di Meroni in area, quanti corner ci ha concesso la squadra di Gorini?

Quello che non dobbiamo fare noi, invece, è mettere questa stagione tra parentesi. L’ho scritto prima di Palermo e lo ribadisco ora, perché voglio che il punto sia chiaro fino in fondo. Affrontare questo finale di campionato solo con l’obiettivo di salvarsi equivarebbe, ancora una volta, a non aver imparato la lezione. Non aver capito, per esempio, che Viali è cresciuto come tecnico – certo, non un Sarri, ma comunque un allenatore capace di switchare dal 4-2-3-1 al 4-4-2, adattandosi agli uomini a disposizione. Ed è cresciuto grazie a questa esperienza. Significherebbe non aver capito che proporre ad alcuni di questi uomini un campionato con abiti dignitosi, anziché le solite pezze al fondoschiena, potrebbe bastare a trattenerli almeno per un altro anno.

Insomma, io la responsabilità di mettere tra parentesi la mia scaramanzia e tornare in trasferta (e farlo proprio a Perugia dove la mia parentesi l’avevo chiusa), ecco, io questa responsabilità me la prendo. Voi prendetevi la vostra e tenete questa parentesi aperta.