È quando sembrano morti che diventano pericolosissimi, ammoniva il buon vecchio Gianni Di Marzio. Era, come sapete, la stagione 1987/88 e il suo Cosenza viaggiava verso una storica promozione in serie B. Il primo comandamento di quel gruppo imponeva a tutti l’obbligo di non sottovalutare mai nessuno. In quel calcio dove ancora la vittoria contava due punti (e il pareggio metà della posta in palio) i Lupi persero nel girone di ritorno una sola partita, a Licata. Segno che le tavole della legge erano state apprese a menadito.

Sembrava morto anche il Brescia, dopo il 4-3 di Ascoli. E invece sette punti in tre gare hanno portato le Rondinelle a giocarsi la partita della vita proprio contro il Cosenza. Di sicuro Gastaldello non è Di Marzio, ma dopo un primo tempo da agonizzanti qualcosa dev’essere riuscito a trasmettere ai suoi. E i tre punti nello scontro diretto di lunedì (più il pareggio last minute del Cittadella a Bari) hanno determinato un terzetto a pari punti (38) a cavallo tra zona playout e salvezza diretta.

Sarebbe facile scaricare su Viali le “colpe” di questa sconfitta. Perché, passi il gol dell’1-0, ma era chiaro che a quel punto serviva una scossa tattica sulla sponda rossoblù. Dalla mezz’ora del primo tempo Zilli navigava nelle nebbie di un clamoroso errore sotto porta. Nasti troppo isolato (e distratto, sul 2-0). A centrocampo Prazselik si limitava al compitino. E in difesa la stanchezza di Martino obbligava spesso la linea difensiva a scalare in protezione, liberando spazi sulla corsia opposta.

E, sia chiaro, qualche errore Viali l’ha commesso. Ma sembravamo morti anche noi, fino a due mesi fa. Mentre quella che ha disputato il primo tempo al Rigamonti è una squadra in grado di centrare i playout o di salvarsi, da qui all’ultima giornata. E chi segue Minamò sa quanto ero scettico su questa possibilità.

Allo stesso modo sapete già che, per elaborare la sconfitta in terra lombarda, dopo due ore ero già all’opera con le classiche tabelle salvezza. E sapete una cosa? Il primo errore che ho commesso è stato di dare per morto il Benevento. È stato allora che mi è tornata in mente la legge del vecchio Di Marzio. È vero che i sanniti sono a quota 32, e dunque distanti sei lunghezze dalla zona playout, ma da quelle parti sanno pure di avere due scontri diretti a disposizione (Cittadella e Perugia). E due vittorie, a casa mia, fanno sei punti.

Allo stesso modo fatico a dare per vivo il Pisa, reduce da un aprile infernale. Eppure ci conviene che lo sia, visto che insieme al Parma sarà l’arbitro della rincorsa del Brescia (e di quella, eventuale, della Spal). O almeno che risorga, come il Cristo cantato da Capossela.

Ricordate la vecchia massima di Fausto Silipo? Non guardo mai le prime giornate del calendario, ma le ultime. E, proprio come scrissi a inizio campionato, le ultime del Cosenza ci vedono tutte di fronte a brutte bestie, ovvero formazioni impegnate nella corsa playoff. A sorpresa anche il Venezia, tiratosi fuori nell’ultimo mese dalla melma della zona retrocessione. E poi Ascoli e Cagliari. Con una significativa novità: i sardi potrebbero arrivare al Marulla con la posizione in griglia già blindata. Per questo sono proprio gli arancioneroverdi a preoccuparmi più delle altre. Perché perdere un colpo di pedale, per noi, a questo punto diventa pericolosissimo. E lo stato di forma dei lagunari sembra strepitoso. A meno di sindrome da appagamento.

A un soffio dal gorgo, ora, c’è anche la Reggina. La penalizzazione inflitta agli amaranto ha una doppia importanza. Per la graduatoria e per il morale. Una squadra, che finora aveva affilato le armi in vista dei playoff, si ritrova in lotta per la salvezza. Vero, l’impegno col Como non è proibitivo. Ma basterebbe un passo falso (e un paio di vittorie tra le squadre a quota 38) per trasformare le successive sfide contro Bari e Ascoli in uno di quegli psicodrammi che sei un po’ nervoso ed un motivo ci sarà…

Insomma, non dipende più da noi. O, almeno, non solo. Tra marzo e aprile il Cosenza aveva costruito un tesoretto – ed è ovvio che tante cose erano girate per il verso giusto, contro Frosinone e Pisa. Tuttavia, tra Cittadella e Perugia sarebbe servito un approccio più convinto alle gare per poter giocare a Brescia per un pari (o viceversa). O una rosa più ampia, visto che tanti innesti del mercato di gennaio (a cominciare da Cortinovis, agli ectoplasmi di Salihamidzic e Agostinelli) si sono rivelati finora del tutto inutili.

Ma è anche vero che, da marzo in poi, le migliori partite il Cosenza le ha disputate proprio contro le formazioni più quotate. Questo perché la ritrovata solidità difensiva e un incursore da contropiede come Marras (fortunatamente al rientro dopo la squalifica) sono armi ideali per approfittare degli spazi lasciati da chi sa tenere il pallino del gioco.

È difficile che il Cosenza a questo punto possa dare per morte, ovvero sottovalutare, le formazioni che avrà di fronte: è possibile piuttosto che lo facciano le sue avversarie. Quel che non deve accadere è che i rossoblù le sopravvalutino. Sì, il Venezia è una macchina da gol e Pohjanpalo sta simpatico a tutti perché beve una pinta a fine partita, ma al Marulla i bar dello stadio sono chiusi (e fermare il bomber finlandese non è impossibile). E così l’Ascoli, tutt’altro che impenetrabile in difesa.

Ha ragione Viali: la salvezza si deciderà all’ultima giornata. Pertanto non serve disperazione, ma lucidità. Calma e ordine, non fughe in avanti e attacchi tambureggianti, per poi crollare alla prima difficoltà. Non serve nemmeno tenere le orecchie attaccate ai risultati delle dirette avversarie. L’unica certezza che deve arrivare dalle prossime due gare è quella di ritrovarsi ancora in piedi alla vigilia dell’ultima curva.