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I numeri contano più delle parole. E se la Calabria è considerata “zona rossa” dal Governo nazionale, ma soprattutto dall’istituto Superiore di Sanità, il motivo è soltanto uno: i dati sono pessimi. I parametri per calcolarli ovviamente sono identici per tutte le regioni, ma la nostra regione presenta criticità storiche e inadeguatezza nella risposta emergenziale per combattere il Covid-19. Quello che conta, purtroppo, è il presente. E la fase attuale in Calabria è gestita dai commissari, con la Regione che dovrebbe supportare i vari Enti.
Oggi scopriamo che l’Asp di Cosenza, nella persona del commissario straordinario Cinzia Bettelini, in commissione sanità, riuscirà a processare 300 tamponi nell’ospedale di Rossano. Bene. Domanda: per quale motivo non è stato possibile farlo prima? Quando parliamo della sanità in Calabria, accusando la vecchia politica, non bisogna dimenticare che il diritto alla salute, da oltre dieci anni, è commissariato. Se i politici hanno causato lo sfascio totale, i commissari non hanno garantito in alcun modo la riorganizzazione delle risorse umane e, quindi, sanitarie. Per dirla alla Gattuso, siamo “muru muru cu spitali“.
I dati ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità
L’Istituto Superiore di Sanità indica sei livelli di calcolo per individuare in quali regioni italiane, la fase emergenziale da Covid-19 viene gestita bene e in quale invece si riscontrano delle sofferenze. Come in Calabria. Balza agli occhi infatti la conclusione con cui la nostra regione rientra nello “scenario di tipo 4”: «2 allerte segnalate: totale risorse umane sotto 1 per 100,000; segnalata trasmissione non gestibile in modo efficace con misure locali». Tradotto: negli ospedali manca il personale sanitario, che deve essere assunto dalle Aziende territoriali e dalle Asp; il tracciamento dei casi è saltato (come in altre regioni).
Gli indicatori di calcolo che rilevano le criticità in Calabria:
- 2.1 Percentuale di tamponi positivi escludendo per quanto possibile tutte le attività di screening e il re-testing degli stessi soggetti, complessivamente e per macro-setting (territoriale, Ps/ospedale, altro) per mese.
- 2.2 Tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi
- 2.3 Tempo tra data inizio sintomi e data di isolamento (opzionale)
- 2.4 Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale al contact-tracing.
- 2.5 Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale alle attività di prelievo/invio ai laboratori di riferimento e monitoraggio dei contatti stretti e dei casi posti rispettivamente in quarantena e isolamento.
- 2.6 Numero di casi confermati di infezione nella regione per cui sia stata effettuata una regolare indagine epidemiologica con ricerca dei contatti stretti/totale di nuovi casi di infezione confermati.

Tutti i parametri elencati dall’Istituto Superiore di Sanità portano la Calabria nella “zona rossa”. In poche parole, la Prevenzione non ha funzionato. Non sono stati isolati con tempestività i casi, non sono state dedicate risorse umane, medici e infermieri, al tracciamento dei contagi, non sono state assunte misure ulteriormente restrittive nei comuni in cui si rischiavano un numero elevatissimo di casi. In provincia di Cosenza, per l’appunto, potremmo fare decine di esempi.
La domanda dunque da porre alla Regione, che decide quali territori devono essere chiusi, d’intesa con le Asp, è la seguente: ha fatto il possibile affinché l’epidemia circolasse in modo controllato? Anticipiamo la risposta: no. Tuttavia, le responsabilità sono anche di chi doveva tener sotto controllo tutto ciò e non è stato in grado di farlo. Sono tutte concause che hanno evidenziato ancora di più i difetti del nostro sistema sanitario.
I calcoli delle Terapie Intensive in Calabria
I dati riportati dall’Istituto Superiore di Sanità contengono anche una previsione a trenta giorni dell’evoluzione epidemiologica in Calabria. E anche questo ragionamento rientra tra i motivi che hanno fatto piombare la nostra regione nell’abisso. Nel documento, infatti, si legge:
- probabilità di una escalation a rischio alto nei prossimi 30 giorni
- % probabilità occupazione Terapie Intensive 30%: più di 50%
- % probabilità occupazione aree mediche 40%: più di 50%
- classificazione
- aumento di trasmissione: alta (dichiarata trasmissione non gestibile in modo efficace con misure locali (zone rosse)
- attuale impatto di Covid-19 sui servizi assistenziali: bassa
- classificazione e complessità del rischio: alta con probabilità di progressione (molteplici allerta di resilienza)
Questa è l’attuale situazione epidemiologica in Calabria. E chi pensa di impugnare l’ordinanza del ministero della Salute, «sentiti i Presidenti delle Regioni Calabria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia e Valle D’Aosta», può andare a Governare sulla Luna.