Sarà la vicinanza territoriale, sarà che in Calabria, come in altre parti d’Italia, le carceri sono sovraffollate ed è quindi necessario spostare i detenuti fuori dal comune di residenza, ma tante dinamiche criminali che riguardano mafiosi vibonesi sono avvenute a Cosenza. Se in un precedente servizio, due collaboratori di giustizia del calibro di Andrea Mantella e Raffaele Moscato, avevano riferito che il piano per uccidere Pantaleone Mancuso detto “Scarpuni”, poi mai eseguito, era stato messo a punto nell’ospedale “Annunziata” di Cosenza,A Guscia“, con un passato delinquenziale di alto profilo, e con alle spalle decine di omicidi, confessa che alcune “doti” di ‘ndrangheta per soggetti legati ai clan vibonesi, sarebbero state conferite nel carcere “Sergio Cosmai” di Cosenza. Il verbale di Mantella rientra in un capitolo contenuto nell’operazione “Maestrale-Carthago” riferito proprio alla figura del collaboratore di giustizia vibonese.

Chi è Andrea Mantella

«Mantella, già appartenente alla cosca Lo Bianco dall’età di 16/17 anni, quindi dal 1988/1989, compiva gravi azioni criminali, finanche numerosi omicidi, per conto di quell’aggregato criminale» scrivono i carabinieri. «“Battezzato” nella cosca dallo stesso Carmelo Lo Bianco alias “Piccinni”, capobastone già all’epoca della sua affiliazione e fino alla sua morte nel 2014, scalandone le gerarchie fino a ricoprire la dote del “Quartino” e la carica di responsabile degli “azionisti” (il gruppo di fuoco/operativo), per poi allontanarsene provocando una scissione dai Lo Banco a seguito della quale con lui si aggregavano altri giovani affiliati a formare un gruppo autonomo contrapposto e principale antagonista della nota famiglia “Mancuso” arrivando a sfidarla apertamente, anche con gesti eclatanti (da ricordare in tal senso lo schiaffo dato a Giuseppe Mancuso classe ‘78, figlio di Pantaleone Mancuso classe ’47)».

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«Gruppo che guidava fino al suo ultimo arresto nel 2011 e con il quale rimaneva in contatto fino a poco prima della sua decisione di collaborare con la giustizia dal 4 maggio 2016. Mantella, difatti, alleandosi con altri gruppi criminali contrapposti in quel periodo ai “Mancuso”, quali i “Bonavota” di Sant’Onofrio, i “Piscopisani” di Vibo Valentia, i “Tripodi” di Vibo Marina, gli “Emanuele” delle Serre e gli “Anello” di Filadelfia, oltre che con gruppi criminali di primo piano dell’area del lametino, ovvero i “Giampà”, era stato protagonista di una delle stagioni più sanguinarie della ‘ndrangheta vibonese, che aveva portato ad una lunga sequela di omicidi, in molti dei quali lo stesso collaboratore aveva ricoperto un ruolo di prim’ordine per la realizzazione». Mantella dunque è ben informato sulla recente storia della ‘ndrangheta vibonese.

Le “doti” nel carcere di Cosenza

Le attenzioni investigative all’indirizzo di Andrea Mantella si contestualizzano nelle dinamiche criminali che riguarderebbero Francesco Barbieri e Luciano Marino Artusa, allorquando «quest’ultimo gli veicolò una “ambasciata” da parte di Andrea Mantella che voleva incontrarlo per un non meglio specificato motivo, precisando che i due si erano conosciuti in un periodo di comune detenzione in un carcere non meglio precisato. Il monitorato all’epoca dell’evento narrato non accettò l’invito del collaboratore e per tale ragione riferiva ad Artusa di essere stato fortunato poiché Mantella avrebbe potuto rendere dichiarazioni specifiche pure sul suo conto, anche se lo stesso Barbieri confidava ad Artusa che comunque il suo nome fosse stato citato dal pentito». Barbieri, tuttavia, appresa la volontà di Mantella di collaborare con la giustizia, lo appella come “vigliacco” e “cornuto“, riferendo altresì «di aver condiviso con il collaboratore un comune periodo di detenzione in carcere».

Mantella parla di Barbieri

È l’11 maggio 2021 quando Andrea Mantella fornisce ulteriori dettagli riguardanti il conferimento delle “Doti” di ‘ndrangheta dello “sgarro” e della “santa”, entrambe avvenute presso la Casa Circondariale di Cosenza alla presenza del collaboratore e alle quali prendevano parte Giuseppe Antonio Accorinti e lo stesso Francesco Barbieri, del quale ne indica ruolo e appartenenza alla struttura di ‘ndrangheta. «In quella circostanza di Siano, negli anni Novanta, non ci siamo presentati come appartenenti alla ‘ndrangheta, però la cosa è stata ufficializzata nel carcere di Cosenza negli anni Duemila, poiché Accorinti (ndr, Giuseppe Antonio) e Francesco Barbieri hanno dato la “Dote” dello  “sgarro” in mia presenza a Rocco Grasso di Rosarno, e la “Santa” a un tale Ciccio Lobello delle parti di Settingiano omissisAccorinti e Barbieri gli danno lo “Sgarro”, a Rocco Grasso, che è parente dei Cacciola di Rosarno, e in più a questo Ciccio Lobello, Francesco Lobello, gli danno la “Dote” della Santa, e c’ero pure io lì presente. Quindi la cosa è stata ufficializzata lì …omissis…».

La ‘ndrina distaccata riconducibile ad Accorinti

Il pentito Andrea Mantella spiega che «Francesco Barbieri sarebbe il fratello del cognato di Peppone Accorinti e dei fratelli, chiaramente, a nome Antonino, e sarebbe il capo ‘ndrangheta, il capo Locale di Pannaconi. E’ una sorta di ‘ndrina distaccata che fa riflesso a Peppone Accorinti. Insomma Barbieri comanda la zona di Cessaniti e Pannaconi e San Cono, tutti quei paesini lì, limitrofi, però era la stessa cosa di Peppone Accorinti e fratelli.omissis… Si, si, io ero lì presente con loro all’interno della stessa cella e insomma sia con Grasso e con Francesco Lobello ero lì presente, ne parlo con cognizione di causa, ne parlo perché io l’ho vissuta personalmente la questione e l’ho toccata con mano, diedi, come si fa da rituale, gli auguri, il bacetto sulla fronte sia a uno che all’altro. Chiaramente le due funzioni si dividono in due periodi diversi. La settimana, qualche giorno prima a Rocco Grasso lo “Sgarro”, qualche giorno dopo della prossima settimana a Ciccio Lobello gli hanno dato la “Dote” dello “sgarro”, anzi, chiedo scusa, della “Santa” …omissis… quello che parlava era Ciccio Barbieri e poi la fidelizzazione l’ha fatta Peppone Accorinti omissis…”».