Arrivano le prime pronunce relativamente al noto caso del Liceo di Trebisacce che, alcuni anni fa, vide una massiccia partecipazione di più parti sociali e politiche, tra studenti, loro genitori, insegnanti, garante per l’Infanzia, l’Usr, l’Usp e vari sindacati. Vi si interessarono persino l’allora ministro della Pubblica Istruzione Bussetti con ben due interpellanze parlamentari sollecitate dai sindaci del circondario con a capo quello di Trebisacce. La faccenda approdò anche in tv alla trasmissione “Le Iene”.  

Nello specifico «venivano contestati comportamenti ostili e anche umilianti nei confronti degli alunni, tali da creare un clima di disagio che portava alla stesura di una petizione sottoscritta dai genitori di alcuni allievi e da loro stessi finalizzata alla interruzione della continuità didattica di un’insegnante contestata, nella quale invece la dirigente non ravvisava alcuna mancanza».

Per tale motivo sono stati organizzati imponenti manifestazioni studentesche che coinvolsero l’Istituto allora retto dalla dirigente scolastica Maria Rosaria D’Alfonso per più e più mesi fino a quando, sulla base di una relazione redatta dall’ispettore scolastico, ma soprattutto per le pressioni sociali esercitate a più livelli, la stessa venne sospesa per quattro mesi dalle sue funzioni e dallo stipendio; costretta persino a raccogliere i suoi effetti personali e a lasciare seduta stante l’Istituto alla reggente Marilena Viggiano mentre adempiva agli scrutini.

Era il 2019 quando la dirigente, per il tramite dei suoi difensori, il prof. Giovanni Brandi Cordasco Salmena e l’avvocato Francesca Occhiuzzi, adiva in via d’urgenza il Tribunale del Lavoro di Castrovillari affinché quella sanzione fosse annullata. Anche in quella sede scaturiva un grande clamore poiché un gran numero di studenti, tra quelli che avevano organizzato le proteste, non esitavano a costituirsi nel procedimento, senza però incontrare il favore del Giudice.

Si apriva dunque un processo di vasto respiro con più parti che vedeva in prima fila l’Usr della Regione Calabria, il quale continuava ad insistere circa la legittimità della sanzione inflitta alla dirigente addebitandole un grave danno di immagine a carico dell’Istituzione scolastica e l’incapacità di saper mediare tra le diverse parti sociali. Durante l’istruttoria castrovillarese, a tutto quanto sostenuto contro la D’Alfonso si opponevano gli avvocati della stessa, articolando una meticolosa difesa, la quale è stata fatta propria dal Tribunale.

«L’intera dinamica dei fatti – si legge nella sentenza – confermata dalle emergenze probatorie, mostra uno scenario desolante di interferenza arbitraria tra parti sociali che, lungi dall’agire sinergicamente a tutela dei minori, creavano un discutibile stato di tensione tra le istituzioni. In questo contesto l’intervento delle Autorità politiche, l’indebita ingerenza nelle scelte discrezionali del Dirigente scolastico e la reazione esorbitante i limiti delle proprie funzioni, anche con riferimento alla richiesta di intervento sia dell’Ufficio scolastico Regionale sia del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, riveste un’incidenza esclusiva in ordine al clamore mediatico venutosi a creare ed elimina totalmente qualsiasi tipo di responsabilità ascrivibile alla D’Alfonso».

«[…] Di tale circostanza dà atto anche la relazione del 7.11.2018, del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Dott. Antonio Marziale, quando evidenzia l’assunzione da parte dell’Autorità politica di “compiti che vanno oltre limiti che la carica stessa comporta” sottolineando che l’Ente locale e la Istituzione scolastica hanno autonomia rispettivamente politico-territoriale e funzionale che, significa, nel secondo caso, indipendenza “nell’assumere le decisioni volte a gestire l’organizzazione amministrativa e didattica della scuola”. A maggior ragione non è giustificabile l’ingerenza effettuata dalle parti sociali nel veicolare le decisioni assunte dalla istante […]».

Nessun errore o favoritismo, dunque, della Dirigente a favore della sua contestatissima docente. Come si avvede il Tribunale: «[…] Ed infatti – è scritto ancora in sentenza – la odierna ricorrente, in servizio dal 1° settembre, previo colloquio con la docente diretta interessata, alcune alunne della classe in questione ed il Prof. La Cava, testimone di alcuni episodi denunciati dai firmatari, articolava una analitica istruttoria nel solco del procedimento disciplinare in corso. Al riguardo, lungi dal riscontrare un’effettiva conflittualità tra la intera classe e la docente per cui è causa, emergevano piuttosto elementi di segno contrario agli assunti formalizzati, ovvero il verificarsi di fatti gravissimi commessi da alcuni studenti promotori della petizione in danno di coloro che non vi avevano aderito; segnali che paventavano l’ipotesi di una volontà strategicamente preordinata alla rimozione della docente».

«Inoltre, vagliata attentamente tutta la documentazione scolastica (specificatamente verbali dei Consigli di Classe e di Istituto e resoconti dei colloqui scuola-famiglia, in atti), alcuna traccia si rinveniva con riferimento alle doglianze da cui originava il procedimento de quo. Al contrario, nell’anno scolastico precedente, non risultava alcuna lamentela nei confronti della Prof.ssa De Gaudio, che potesse confortare la sussistenza di un clima di incompatibilità ambientale lesivo della tutela psico-fisica degli studenti e della immagine dell’Istituto scolastico. Più segnatamente nessun rilievo emerge dai registri dei Consigli di classe in ordine all’adozione di metodi poco consoni alla figura di un docente […]”.“[…] Inoltre, dal resoconto trimestrale del progetto CIC- sportello Centro Informazione e Consulenza- (cfr. all.41 alla memoria difensiva di parte ricorrente nel procedimento disciplinare), emergono problematiche afferenti agli studenti che nulla condividono con l’assunta conflittualità con la professoressa, la cui genesi, estranea all’ambito scolastico, ha una dimensione propriamente sociale e familiare […]».

In definitiva il Tribunale, senza mezzi termini, si pronuncia sul fatto che la scelta della D’Alfonso di rimettere al suo legittimo posto la docente illecitamente allontanata, si dimostrava «frutto di una disamina profonda ed improntata ad una finalità educativo-pedagogica nella convinzione che, assecondare una insofferenza estemporanea degli alunni fosse lesiva per la loro crescita personale e formativa e che, occorresse nel rispetto dei reciproci ruoli, dare un segnale di fermezza al fine di restituire la giusta autorevolezza alla Istituzione scolastica e marginalizzare atteggiamenti iperprotettivi».

Alla soccombenza delle controparti è conseguita la condanna verso i resistenti all’azione intentata dalla D’Alfonso. Grande soddisfazione è stata espressa dagli avvocati Brandi Cordasco Salmena e Occhiuzzi per il lusinghiero risultato ottenuto, frutto di una battaglia giudiziaria combattuta duramente su fronti diversi.