Disposto il dissequestro di un solo immobile per assenza di valore economico. I giudici: «Disponibilità effettiva e non formale»
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La seconda sezione penale del Tribunale di Catanzaro (misure di prevenzione) ha disposto la confisca parziale dei beni riconducibili a Erminio Pezzi, già sottoposto in passato alla misura di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Il decreto, depositato l’8 ottobre 2025, riguarda il primo grado del procedimento.
Il collegio, presieduto dal presidente Mariarosaria Migliarino con giudice relatore ed estensore Barbara Elia e giudice a latere, Andrea Odierno, ha accolto in parte la proposta avanzata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, disponendo la confisca dei beni ritenuti «riconducibili di fatto al proposto», e il dissequestro di un immobile già giudicato «antieconomico e privo di redditività».
I beni confiscati
Nel provvedimento si fa menzione a una ditta individuale con sede a Casali del Manco, operante nel noleggio di quad e motoslitte, comprensiva di 11 motoslitte Yamaha, 5 quadricicli Quaddy 450 e una carta Evolution Business connessa all’attività; a una ditta individuale attiva nell’allevamento di caprini ed equini, con conti correnti, mezzi agricoli e veicoli, tra cui una trattrice cingolata e quattro quad Outlander 570; oltre trenta terreni agricoli e boschivi tra Spezzano della Sila e Casali del Manco, per migliaia di metri quadrati di pascoli e seminativi; un fabbricato formalmente intestato a un parente di Erminio Pezzi, ma ritenuto nella disponibilità effettiva del padre.
Il bene restituito
È stato invece dissequestrato un immobile a Casali del Manco, intestato alla compagna dell’imputato di Reset, definito dagli investigatori come il “casaro” del boss Francesco Patitucci. Il Tribunale ne ha rilevato «l’evidente stato di abbandono, le pessime condizioni strutturali e l’assenza di valore economico», ritenendo pertanto antieconomico mantenerlo tra i beni sottoposti a misura.
Le motivazioni del collegio
Nella motivazioni, il Tribunale di Catanzaro ricostruisce un quadro che colloca la pericolosità sociale di Pezzi «almeno a partire dal 2012», con riferimento alla sua contiguità alla cosca Patitucci e ai procedimenti penali “Reset” e “Gentleman 2”. Secondo la relazione, Pezzi sarebbe stato «organizzatore, incaricato di curare i rapporti con i maggiori referenti dell’associazione e la logistica, fornendo ai sodali luoghi riservati per riunioni e latitanti».
Sotto il profilo patrimoniale, gli accertamenti eseguiti dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro hanno evidenziato una sperequazione rilevante tra redditi dichiarati e beni accumulati nel decennio 2012–2022.
Il Collegio osserva che Pezzi e i suoi familiari «non hanno mai avuto disponibilità di risorse lecite tali da giustificare gli acquisti immobiliari e aziendali». Sulla nozione di “disponibilità effettiva”, i giudici richiamano un principio consolidato: «La disponibilità integra una signoria sulla cosa da un punto di vista effettivo e non formale, vale a dire la possibilità di determinarne la destinazione o l’impiego, anche tramite intestazioni fittizie a terzi». E ancora: «È sufficiente che il bene ricada nella sfera degli interessi economici del prevenuto, ancorché egli eserciti il proprio potere su di esso per il tramite di altri».
Nelle intercettazioni acquisite agli atti, Pezzi avrebbe riconosciuto di essere il reale gestore delle attività attribuite ai figli: «Ho acceso un cofano di soldi a fare il caseificio, ho acceso una barca di soldi, a fare il caseificio, una barca di soldi». Per i giudici, ciò dimostra che «le aziende agricole e di attività sportiva, ad onta dell’attribuzione formale ai figli, sono di fatto nella titolarità e nella gestione del proposto».
Le dichiarazioni raccolte dai collaboratori di giustizia e da altri testimoni sono state definite «generiche e non idonee a intaccare il nucleo della proposta della procura». Secondo il Collegio, «i beni risultano nella sfera degli interessi economici di Pezzi Erminio, che ne esercitava un potere effettivo anche attraverso soggetti formalmente terzi».
Particolare attenzione è stata riservata alla somma di 280mila euro liquidata da una compagnia assicurativa per un risarcimento familiare, che la difesa aveva indicato come fonte lecita di finanziamento per un’azienda intestata a uno dei parenti.
Sul punto, il Tribunale ha ritenuto «non provato l’effettivo reinvestimento della somma nel compendio aziendale», aggiungendo che «l’importo non risulta mai entrato nella disponibilità del proposto o dei terzi interessati».
Nel provvedimento viene evidenziato inoltre come l’espansione patrimoniale di Pezzi non trovi riscontro nelle dichiarazioni dei redditi del nucleo familiare: «È ragionevole ritenere che Pezzi Erminio, in ragione della sua contiguità ad ambienti criminali del cosentino fin dall’anno 2012, abbia potuto trarre risorse illecite con le quali ha costruito il proprio patrimonio».

