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In che rapporti erano (veramente) Roberto Porcaro e Massimiliano D’Elia? Perché l’ex “reggente” degli italiani, si allontanò dal ragazzo di Mendicino, dopo l’omicidio di Giuseppe Ruffolo? Tanti interrogativi a cui prova a dare una parziale risposta il neo collaboratore di giustizia Francesco Greco che di Porcaro era il “braccio destro”, ovvero colui il quale era deputato a commettere atti intimidatori, usura e richieste estorsive.
A leggere il narrato di Greco ci vien da pensare che anche in questo gli arresti della Dda di Catanzaro abbiano in qualche modo scongiurato una possibile nuova guerra di mafia. Sempre se il racconto del collaboratore di giustizia corrisponda a verità. Ciò deriva dal fatto che il pentito, che fino al 31 agosto 2022 faceva l’imbianchino, riferisce della volontà di Massimiliano D’Elia di eliminare Roberto Porcaro. Ma al tempo stesso svela anche un altro dialogo avvenuto con uno degli esponenti del clan “Lanzino-Patitucci” di Cosenza.
«Dopo l’allontanamento di Massimiliano D’Elia da Roberto Porcaro, lo stesso D’Elia», condannato in via definitiva per il delitto di Giuseppe Ruffolo, ammazzato nel settembre del 2011 a Cosenza, «mi chiese se avessi potuto procurargli un “appuntamento” con Roberto Porcaro» e «su mia espressa richiesta se volesse parlargli, D’Elia mi rispose invece che voleva “cacciare questo pensiero per tutti”, con ciò intendendo di uccidere Roberto Porcaro, tendendogli un agguato, per conto di tutta l’associazione». La ricostruzione offerta dal pentito, però, potrebbe cozzare con la logica: “ti avviso che ti uccido”. Ma tant’è.
«Di questo episodio ne ho di recente parlato, durante questa mia detenzione e a commento del pentimento di Roberto Porcaro, con Alberto Superbo detenuto nella mia stessa sezione; lo stesso mi ha esternato la sua considerazione circa il fatto che non potesse essere un’iniziativa autonoma di Massimiliano D’Elia».