Cosenza, quello che c’è ancora da chiarire sul delitto di Giuseppe Ruffolo
I nuovi dubbi emergono dopo i pentimenti di Danilo Turboli (che di recente ha ritrattato su tutto) e Roberto Porcaro. La Dda cerca riscontri dopo le dichiarazioni dell'ex "reggente" degli italiani
L’omicidio di Giuseppe Ruffolo, assassinato nel settembre del 2011 a Città2000 a Cosenza, rimane paradossalmente un delitto ancora con tante nubi. Nonostante la condanna definitiva di Massimiliano D’Elia, ritenuto dalla giustizia italiana l’esecutore materiale. Perché la vicenda giudiziaria ancora non si è conclusa? Nel corso degli ultimi mesi sono subentrate due novità processuali. Prima la collaborazione di Danilo Turboli, “presenza anomala” sulla scena del delitto, e poi il pentimento eccellente di Roberto Porcaro.
In questo lasso di tempo avvengono altri due fatti. Il primo: la Dda di Catanzaro comunica la chiusura delle indagini di “Reset“, notificando ai 245 soggetti interessati l’avviso del 415 bis. Gli ultimi due capi d’accusa, rispetto all’ordinanza del 1 settembre 2022, riguardano proprio l’omicidio di Giuseppe Ruffolo. In testa all’imputazione troviamo il nome di Roberto Porcaro, evidentemente per le dichiarazioni rese dall’allora pentito Danilo Turboli. Passa un mese e mezzo e l’ex “reggente” del clan “Lanzino” di Cosenza “salta il fosso”.
Dopo qualche settimana, la Dda chiede il rinvio a giudizio di tutti gli imputati, ma i capi d’accusa relativi all’omicidio di Giuseppe Ruffolo vengono “omissati“. Perché? Evidentemente Roberto Porcaro ha fornito ulteriori indizi circa i partecipanti e i mandanti che, fino ad oggi, non sono mai stati attinti da misura cautelare. Le uniche posizioni in stand-by, per le quali la Dda di Catanzaro non aveva esercitato l’azione penale, erano quelle di Porcaro e Antonio Illuminato, il quale – secondo i magistrati antimafia – avrebbe aiutato D’Elia nella realizzazione del piano omicidiario.
Nei primi verbali illustrativi di Roberto Porcaro emerge a chiare lettere che il pentito aveva interrotto i rapporti d’amicizia e criminali con D’Elia proprio dopo il delitto Ruffolo. I motivi, allo stato, non sono stati resi noti. Ma tra le righe di quelle dichiarazioni si percepisce come possa esserci dell’altro su cui la Dda di Catanzaro sta cercando i dovuti riscontri. A questo punto, possono essere veritiere le propalazioni di Danilo Turboli che in uno dei verbali resi nel novembre scorso accusava Porcaro di avergli confidato che la magistratura di Catanzaro avesse preso “fischi per fiaschi”, non individuando la giusta causale? Non possiamo di certo saperlo noi, ma i dubbi permangono. E che dubbi…