La Corte di Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo per Susanna Brescia, 47 anni, originaria di Gioiosa Jonica, riconosciuta colpevole dell’omicidio del marito Vincenzo Cordì, ucciso il 13 novembre 2019 a San Giovanni di Gerace, nella Locride. Il corpo dell’uomo, 42 anni, fu trovato carbonizzato all’interno della sua auto, abbandonata in una zona di campagna del piccolo centro del Reggino.

L’omicidio e la ricostruzione dei carabinieri

Secondo le indagini condotte dai Carabinieri e coordinate dalla Procura di Locri, il delitto sarebbe maturato al culmine di contrasti familiari e pianificato con la complicità di Giuseppe Menniti, amante della donna, e di Francesco Sfara, figlio della Brescia nato da una precedente relazione. Gli investigatori hanno ricostruito una sequenza di violenza e crudeltà: la donna avrebbe tramortito il marito prima di dargli fuoco mentre era ancora vivo. Un delitto che sconvolse la comunità della Locride.

La Cassazione ha ricordato anche un episodio precedente: nel 2016, Susanna Brescia (difesa dall’avvocato Cristian Cristiano del foro di Cosenza, subentrato dopo la presentazione del ricorso in appello) avrebbe tentato di avvelenare il marito somministrandogli a sua insaputa barbiturici, ma Cordì riuscì a salvarsi grazie al ricovero immediato in ospedale. Un tentativo che, secondo la ricostruzione dei giudici, anticipava un disegno criminale già maturato da tempo e confermava la pericolosità della donna.

Le decisioni della Cassazione sugli altri imputati

Nella stessa sentenza, gli ermellini hanno confermato la responsabilità penale degli altri due coimputati ma hanno disposto l’annullamento con rinvio davanti alla Corte d’Appello di Reggio Calabria limitato all’aggravante della premeditazione, caduta anche per Susanna Brescia. Si tratta di Giuseppe Menniti, condannato in secondo grado all’ergastolo, e di Francesco Sfara, che aveva ricevuto una pena di 23 anni di reclusione.