Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Si deciderà il giorno dopo Ferragosto il ricorso di Nicola Bevilacqua, figlio di Fiore Bevilacqua “Mano Mozza”, uno dei 245 imputati del maxi procedimento penale denominato “Reset“. Si tratta dell’inchiesta antimafia coordinata dal procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri contro la ‘ndrangheta cosentina. I magistrati ritengono che Nicola Bevilacqua faccia parte a pieno titolo della presunta confederazione mafiosa capeggiata dal boss Francesco Patitucci. La Cassazione, però, ha annullato l’ordinanza cautelare di conferma del Riesame di Catanzaro, disponendo un nuovo giudizio, come richiesto dai legali Antonio Ingrosso e Gianpiero Calabrese.
Nicola Bevilacqua imputato in “Reset”, cosa scrive la Cassazione
Secondo gli ermellini, il tribunale del Riesame di Catanzaro non si è confrontato con le deduzioni difensive aventi ad oggetto le dichiarazioni di Celestino Abbruzzese, detto “Claudio”, alias “Micetto“, in merito al fatto che, conoscendo Nicola Bevilacqua, figlio di Fiore Bevilacqua, sapeva che l’imputato non apparteneva al suo gruppo. Quello degli “zingari” di Cosenza.
Per i giudici della Suprema Corte, l’ordinanza del Tdl di Catanzaro non fornirebbe risposta «alle eccezioni difensive aventi ad oggetto l’erroneità delle dichiarazioni di Celestino Abbruzzese, nella parte in cui quest’ultimo ha riferito che lo “zio Nicola Bevilacqua” deteneva la droga per i suoi fratelli». I difensori hanno evidenziato che «l’indagato è cugino e non zio del collaboratore». E ancora: «L’indagato viene arrestato nel 2013-2014 per la detenzione di due pistole, un giubbotto antiproiettile e della droga», ma Nicola Bevilacqua in realtà «è del tutto estraneo alla vicenda (annovera un solo precedente per fatti del 2019 che non concernono le armi». Infine, si legge nel provvedimento, «aveva mantenuto per tre anni in carcere lo “zio” Nicola Bevilacqua arrestato per armi (non risulta essere mai stato detenuto per quello) e droga (l’arresto per droga è successivo al momento in cui vennero fatte».
Dubbi anche sulle dichiarazioni rese dall’ex collaboratore di giustizia Francesco Noblea, fuoriuscito dal programma di protezione, come emerso nel procedimento “Reset“, secondo cui l’allora pentito non poteva riferirsi all’odierno Nicola Bevilacqua, allorquando dichiarava “che era uscito in permesso premio dal carcere poco prima della mia collaborazione”, in quanto l’imputato è stato detenuto per un solo giorno e non ha mai fruito di permessi premio, sicché non poteva essere stato il portatore dell’ordine di uccidere Tonino Abbruzzese, alias “Strusciatappine”, nell’ottobre del 2017. Insussistenti, in conclusione, anche le intercettazioni ambientali e telefoniche in ordine ai gravi indizi di colpevolezza relativi ai reati di associazione mafiosa e narcotraffico.