«Ritengo di essere ancora un simbolo dell’antimafia, lo sono stato come pubblico ministero e lo sono anche oggi come avvocato». Con queste parole, l’ex pubblico ministero Antonio Ingroia, oggi avvocato, ha commentato la sua partecipazione come legale nella costituzione di parte civile della vedova di Antonio Bellocco, esponente del clan della ‘ndrangheta. Bellocco è stato ucciso a coltellate lo scorso 4 settembre a Cernusco sul Naviglio da Andrea Beretta, ultrà dell’Inter e ora pentito.

«Questa vicenda riguarda esclusivamente lui, ma non ha nulla a che fare né con la moglie né con i figli», ha aggiunto Ingroia. Secondo l’avvocato, il processo assume un’importanza simbolica, soprattutto per una terra come la Calabria, che spesso si sente trascurata dallo Stato. «In un processo come questo è fondamentale dare segnali di ritorno di fiducia verso la giustizia», ha sottolineato.

L’udienza sull’omicidio è stata rinviata al prossimo 15 aprile, quando potrebbe essere unificata con uno dei processi in corso a Milano, riguardanti gli affari illeciti delle curve di Inter e Milan. Tuttavia, Ingroia ha preannunciato che la difesa si opporrà a questa riunione, ritenendo che l’omicidio di Bellocco sia completamente separato dal filone delle curve.

Parlando della posizione dell’imputato, Beretta, che ha confessato l’omicidio, Ingroia ha detto che se l’imputato dovesse richiedere il giudizio abbreviato, la difesa si opporrà, considerando che l’aggravante della premeditazione, dei motivi abbietti e della crudeltà richiede una pena più severa, come l’ergastolo, e impedisce la richiesta di un rito abbreviato.

Ingroia ha anche criticato la Procura di Milano per la «mano leggera» mostrata nei confronti di Beretta, in quanto, a suo avviso, non sono state contestate alcune aggravanti evidenti. «I collaboratori di giustizia hanno diritto a una riduzione della pena, ma non hanno diritto alla mancata contestazione delle aggravanti», ha dichiarato, accusando la Procura di non aver gestito adeguatamente il caso.