La Dda di Catanzaro passa alla seconda fase della requisitoria del processo abbreviato di “Reset“, in corso di svolgimento nell’aula bunker di Catanzaro. Nella seduta di oggi il pubblico ministero antimafia Vito Valerio ha parlato delle altre posizioni apicali della presunta confederazione mafiosa cosentina. A cominciare da Mario “Renato” Piromallo, ritenuto uno dei soggetti più vicini a Francesco Patitucci, indicato quale capo della ‘ndrangheta cosentina.

Nel corso dell’intervento, il magistrato antimafia ha definito Mario “Renato” Piromallo quale “uomo del mondo di mezzo”, come quel Massimo Carminati, ex Nar, accusato anni fa dalla Dda di Roma di essere a capo di un’associazione mafiosa capace di condizionare la pubblica amministrazione e imprenditoria capitolina. Accuse, quella della mafiosità, cadute in Cassazione.

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Secondo la Dda di Catanzaro, Mario “Renato” Piromallo è un uomo intelligente, non violento e sarebbe, inoltre, l’anello di congiunzione con il mondo imprenditoriale. Un mafioso capace di evitare le indagini ma in aperto contrasto con il resto del gruppo degli “italiani“. Tra le posizioni analizzate c’è stata anche quella di Franco Presta, ritenuto il boss del presunto gruppo di Roggiano Gravina, il cui “reggente” è da ricercare nella figura criminale del cugino Antonio, già imputato per narcotraffico nel processo “Valle dell’Esaro“. Il pm antimafia ha discusso anche di Damiana Pellegrino, moglie di Franco, coinvolta secondo la Dda nelle presunte attività illecite del sodalizio mafioso come riferito anche dal pentito Roberto Presta.

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Non sono mancati i riferimenti investigativi a Salvatore Ariello, definito come la cerniera dell’associazione con un ruolo verticistico ma comunque autonomo sul fronte delle attività collaterali. Ariello – ha detto Valerio – ha partecipato a tutti i summit di ‘ndrangheta, assieme a Mario “Renato” Piromallo, Michele Di Puppo e Adolfo D’Ambrosio. Poi è toccato ad Antonio Illuminato, indicato quale uomo di fiducia di Francesco Patitucci. Ad incastrarlo sarebbero tutte le intercettazioni ambientali nel corso delle quali i due conversano su tutti gli affari della presunta confederazione. Breve valutazione infine sul ruolo di Ettore Lanzino, in considerazione del fatto che il nome della cosca degli italiani porta il suo cognome.

Le dichiarazioni spontanee di Gianfranco Ruà

Durante la seduta processuale l’imputato Gianfranco Ruà ha rilasciato dichiarazioni spontanee, riferendosi anche al duplice omicidio Lenti-Gigliotti, per il quale è stato condannato alla pena dell’ergastolo insieme a Gianfranco Bruni. «Sono detenuto da 30 anni e non faccio parte di questa associazione» ha detto l’ergastolano cosentino. «Quando ho detto che Patitucci non c’entrava con il duplice omicidio Lenti-Gigliotti, non ho detto fesseria, ma era la stessa cosa che riferì Franco Pino nel processo “Garden“. A lui hanno creduto, mentre a me no. Non ho più fiducia nella giustizia».

La Dda di Catanzaro su Ivan Barone

Non meno importante il passaggio del pubblico ministero Vito Valerio sul collaboratore di giustizia Ivan Barone, portato “alle stelle” dalla Dda di Catanzaro per l’importante contributo dichiarativo rispetto ai fatti contestati e anche ad altre dinamiche rimaste fuori dalle indagini, come i ruoli assunti dopo “Testa di Serpente” dallo stesso Barone e da Gianluca Maestri, nel presunto contesto associativo degli “zingari” di Cosenza. Il magistrato antimafia ha apprezzato il narrato collaborativo, chiedendo al giudice Fabiana Giacchetti di riconoscere al pentito l’articolo 8, ovvero l’attenuante della collaborazione con relativo sconto di pena.