La Cassazione ha annullato l’ordinanza cautelare emessa nei confronti di Giuseppe Provenzano, accusato di essere coinvolto in attività mafiose legate al traffico di stupefacenti. Si parla della presunta attività illecita posta in essere dal clan degli italiani di Cosenza nell’ambito dell’area urbana e comuni limitrofi.

Il ricorso di Giuseppe Provenzano è stato esaminato dalla Corte di Cassazione, che ha ritenuto necessario un approfondimento sul quadro indiziario che ha portato all’applicazione della custodia cautelare. In particolare, la difesa dell’indagato aveva sollevato dubbi sulla gravità degli indizi che lo collegano all’associazione mafiosa accusata di traffico di stupefacenti.

Le motivazioni del Riesame su Giuseppe Provenzano

Il Tribunale di Catanzaro, nell’ordinanza impugnata, aveva sostenuto che le indagini condotte, tra cui intercettazioni telefoniche e dichiarazioni di collaboratori di giustizia, avessero messo in evidenza l’esistenza di un sodalizio mafioso operante nel territorio cosentino. L’associazione, che avrebbe compiuto estorsioni, usura, gioco d’azzardo e traffico di stupefacenti, è stata definita un “sistema” radicato nel territorio, composto da vari gruppi criminali alleati tra loro, tutti riconducibili alla cosca “Lanzino-Patitucci”.

La linea difensiva

Nel ricorso, l’avvocato Filippo Cinnante, difensore di Giuseppe Provenzano, ha messo in discussione la solidità delle prove raccolte, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza. In particolare, la difesa ha contestato l’assenza di riferimenti diretti a Giuseppe Provenzano nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, oltre a dubitare della gravità degli indizi relativi alle cessioni di sostanze stupefacenti a Paolo Elia, individuato come pusher di un altro gruppo.

Secondo la difesa, il coinvolgimento di Giuseppe Provenzano nelle attività delittuose non sarebbe stato sufficientemente provato, in quanto le cessioni di droga risalirebbero a un periodo limitato, senza che ci fossero prove concrete di un inserimento stabile nel “sistema” mafioso. Inoltre, non sarebbe stato eseguito alcun sequestro di sostanza stupefacente a suo carico, elemento che avrebbe reso necessaria una motivazione più rigorosa.

Cosa scrive la Cassazione su Giuseppe Provenzano

In risposta a queste argomentazioni, la Corte di Cassazione ha ritenuto che il Tribunale di Catanzaro non avesse adeguatamente motivato il proprio giudizio circa la partecipazione di Giuseppe Provenzano al reato associativo, soprattutto in relazione alla sua connessione con il gruppo di Gianfranco Sganga. La Cassazione ha osservato che la motivazione dell’ordinanza impugnata si fondava su presunzioni e ipotesi generali, senza fornire elementi concreti che confermassero la partecipazione stabile di Giuseppe Provenzano all’associazione a delinquere dedita al narcotraffico.

Il giudizio espresso dalla Cassazione ha quindi comportato l’annullamento dell’ordinanza cautelare, con l’ordine per il Tribunale di Catanzaro di rivalutare le prove e colmare le lacune evidenziate nella motivazione. Questo significa che la custodia cautelare nei confronti di Giuseppe Provenzano non è più valida, e il caso dovrà essere riesaminato alla luce di una nuova valutazione della gravità indiziaria.

Inoltre, i motivi riguardanti l’aggravante mafiosa e le esigenze cautelari sono stati assorbiti dalla necessità di una rivalutazione complessiva della partecipazione di Giuseppe Provenzano all’associazione dedita al traffico di stupefacenti. La Cassazione ha chiarito che, per quanto riguarda le intercettazioni telefoniche, l’interpretazione del linguaggio utilizzato dagli indagati rientra nell’ambito delle valutazioni del giudice di merito, a meno che non vi siano errori evidenti.