La nomina del giudice Carmen Ciarcia tiene ancora banco nelle aule della giustizia amministrativa. In una recente delibera del Consiglio Superiore della Magistratura, è comparsa la nota con la quale la quinta commissione ha preso atto del reclamo presentato dal magistrato Letizia Benigno, in servizio presso la sezione gip-gup del tribunale di Cosenza, avverso la sentenza emessa dal Tar del Lazio, con cui i giudici amministrativi avevano confermato la decisione assunta dal Plenum del Csm, il 14 ottobre del 2020.

Sezione penale di Cosenza, il Csm non ha dubbi

In realtà, il ruolo semi-direttivo della sezione penale di Cosenza, quella che si occupa tanto per intenderci dei processi monocratici e collegiali, era stata già al centro di un altro iter giudiziale, dove a perdere l’incarico era stato il giudice Salvatore Carpino. Ora, però, la quinta commissione, convinta di aver deliberato nel modo giusto, avendo dalla sua un provvedimento del Tar del Lazio, che ha esaltato le motivazioni adottate per formulare la proposta di incarico al giudice Carmen Ciarcia, chiede al Plenum di incaricare l’Avvocatura generale dello Stato, di resistere dinanzi al Consiglio di Stato.

La relazione a favore della dottoressa Carmen Ciarcia è stata firmata dal consigliere togato Sebastiano Ardita, il quale ha ripercorso tutte le fasi che hanno portato alla nomina dell’ex giudice del tribunale di Castrovillari, che a Cosenza presiede la maggior parte dei processi collegiali. L’orientamento dell’ufficio Studi del Consiglio Superiore della Magistratura è chiaro: il giudice Ciarcia ha tutti i requisiti per l’incarico di semi-direttivo.

Sezione penale di Cosenza: il giudice Benigno non ci sta

Secondo il giudice Benigno, invece, la quinta commissione, a suo tempo, non aveva valorizzato a dovere il suo percorso professionale, non menzionando, tra le altre cose, l’attività associativa svolta all’interno dell’Anm. Proprio su questo punto, oltre al fatto di aver svolto meno processi rispetto al giudice Ciarcia, la quinta commissione ha ritenuto di evidenziare che l’associativismo non rientra nelle norme previste dal Testo Unico. Altro punto toccato dal giudice Benigno, è quello di aver partecipato, in qualità di collegio giudicante, a due processi contro la ‘ndrangheta, che, per dirla in parole povere, non sono stati presi in considerazione nella comparazione tra i due candidati. L’ultima parola, dunque, spetta all’Organo presieduto dal presidente Franco Frattini.