Il 3 dicembre 2021 in un’area adiacente a viale Giacomo Mancini, si consumava il ferimento a colpi d’arma da fuoco di un ragazzo, originario di Cosenza, attinto alla mano e alla gamba. Le indagini della procura di Cosenza avevano individuato due presunti responsabili: Andrea Carpino e Mirko Matteo Voltasio. Dopo un lungo iter cautelare, la Cassazione si è espressa in modo chiaro sulla posizione di Carpino, accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Maurizio Nucci, difensore del giovane cosentino.

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I motivi di reclamo esposti dalla difesa di Andrea Carpino ai giudici della Cassazione sono stati due: il primo, la violazione di legge da parte del Riesame sulla configurabilità del tentato omicidio. L’avvocato Nucci infatti riteneva «il mancato esame da parte del tribunale anche della condotta tenuta dagli indagati successivamente all’aggressione ed all’esplosione del colpo d’arma da fuoco, essendosi subito allontanati. Tale comportamento, infatti, se correttamente valutato, avrebbe portato – scriveva l’avvocato Nucci – ad escludere l’ipotesi del tentato omicidio per l’assenza del requisito della univocità degli atti in considerazione dell’avvenuta desistenza». L’altro motivo di ricorso si fondava invece sulle esigenze cautelari. Il difensore infine aveva evidenziato che il presunto movente legato a ragioni economiche non ha trovato riscontro in alcun concreto elemento in ambito processuale.

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La Cassazione in premessa ha spiegato che ai fini della sussistenza del reato, è sufficiente il dolo “diretto“, rappresentato dalla cosciente volontà di porre in essere una condotta idonea a provocare, con certezza o altro grado di probabilità in base alle regole di comune esperienza, la morte della persona verso cui la condotta stessa si dirige, non occorrendo, invece, la specifica finalità di uccidere, e quindi il dolo “intenzionale” inteso quale perseguimento dell’evento come scopo finale dell’azione.

Gli ermellini inoltre hanno aggiunto che costituisce una forma di dolo diretto anche il dolo “alternativo“, che ricorre quando il soggetto agente prevede e vuole indifferentemente due eventi alternativi tra loro come conseguenza della sua condotta; in quanto ascrivibile alla categoria del dolo “diretto“, anche il dolo “alternativo” è, pertanto, compatibile con il tentativo. Ma diversamente dal dolo “diretto” (anche nella forma del dolo “alternativo”), non è compatibile con il delitto tentato il dolo “eventuale“.

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Nel caso in esame, il tribunale del Riesame di Catanzaro – nel considerare configurabile il delitto di tentato omicidio – rispetto alla posizione di Andrea Carpino lo ha ritenuto sussistente quanto meno nella forma del dolo eventuale, ponendosi così in contrasto rispetto ai principi sopra indicati. Per gli ermellini il Riesame non ha nemmeno coerentemente spiegato perché gli atti posti in essere da Andrea Carpino e dai suoi complici dovessero intendersi come diretti in modo non equivoco dell’omicidio della persona offesa considerato che, come riferito dalla vittima, egli aveva colpito l’indagato con un pugno mentre era ancora intento ad estrarre una pistola, che «Matteo Mirko Voltasio gli aveva puntato l’arma sulla pancia e che il colpo era partito soltanto dopo che la vittima aveva cercato di deviare la canna della pistola».

Per la Cassazione, la conclusione cui è pervenuto il tribunale del Riesame di Catanzaro «è manchevole del necessario approfondimento del profilo psicologico realmente sotteso all’azione delittuosa posta in essere nel quadro degli elementi acquisiti al processo, e della sua configurabilità con il delitto tentato anche rispetto alla univocità degli atti».