«Cosenza è una capitale del Sud e, come tutte le capitali del Sud, è città senza specchi. Ma siamo nella regione più bella d’Italia e dobbiamo rendercene conto al più presto possibile». Parole, e musica, di Maurizio De Giovanni, scrittore padre del Commissario Ricciardi e dei Bastardi di Pizzo Falcone. Una serie di opere diventate famose dopo le serie tv Rai, ma che fra gli amanti del noir è forse il nome più noto in Italia. Al suo fianco, a introdurlo, il sindaco Franz Caruso, che ringrazia De Giovanni per la scelta di Cosenza come quarta piazza in ordine cronologico. Caruso parla non solo da sindaco, ma anche da fan. «Ma questo Maurizio lo sa», dice ridendo il primo cittadino. Seguito dallo scrittore: «Io faccio fatica a trovare sindaci alfabetizzati, figurarsi sindaci che leggono. Per non parlare anche dei piani alti».

Sempre schierato, dunque, De Giovanni. Che ai nostri microfoni non si sottrae a qualche domanda sull’attualità. De Giovanni contro Ponte e Separazione delle carriere Il padre del commissario Ricciardi, da noi interpellato sulle ultime che riguardano la Calabria e il Ponte sullo Stretto, non si tira indietro: «Credo che sia ingiusto che in due regioni in cui manca l’acqua corrente, l’edilizia scolastica ha dei numeri terrificanti, l’emigrazione giovanile idem, ecco, credo sia ingiusto prendere un’opera copertina e tenerla come tale. È come - aggiunge - pensare che io possa presentare stasera solo la copertina di un libro che poi, aperto, è solo pagine bianche».

Stilettata sul Governo anche in relazione al referendum sulla separazione delle carriere. Ma il commento è laconico: «Credo sinceramente che il problema della giustizia sia quello delle tempistiche dei processi e non penso minimamente che questo referendum possa servire ad accorciarli». Parole che suonano precise, come un monito, come una certezza: «Per fortuna non faccio politica, ma da cittadino formo dei miei pensieri cercando di informarmi».

De Giovanni sulla Palestina: «Non avrei mai pensato di commentare un genocidio» Impossibile non chiedere allo scrittore un parere su quanto accade in Palestina. Per uno scrittore che ha ambientato la sua serie più famosa negli anni del fascismo e della persecuzione agli ebrei, quanto sta accadendo a Gaza è una ferita aperta: «Non avrei mai pensato di poter protestare contro un genocidio, perché quello che stanno facendo nei confronti dei palestinesi è un genocidio. Due milioni di persone - aggiunge - sono state costrette ad abbandonare le proprie case, sessantamila persone sono morte: come avremmo dovuto chiamarlo?».

Sarebbe stato difficile, in effetti, pensare di commentare l’annientamento di un popolo nel 2025. «Eppure siamo qui», aggiunge, amaro, De Giovanni. Che poi sul palco racconta del suo libro, del passato, dei ricordi e di quegli anni 80 che de “L’orologiaio di Brest” sono il cuore, l’anima e tutto quanto. Memoria, ricordi e felicità. Con una sciarpa del Napoli che si alza dal fondo della sala del cinema, portata solo per lo scrittore.