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A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il caso Garlasco continua a riservare colpi di scena. Proprio mentre la Procura di Pavia ha riaperto le indagini con un nuovo indagato – Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, Marco Poggi – una testimonianza clamorosa rischia di riscrivere il quadro degli alibi.
Nel numero in uscita domani, il settimanale Giallo pubblica una dichiarazione inedita del gestore dell’hotel di Falzes, in Trentino, dove la famiglia Poggi dichiarò di trovarsi in vacanza il giorno dell’omicidio. L’uomo sostiene con fermezza che Marco Poggi non fosse presente nella struttura il 13 agosto 2007, giorno in cui Chiara fu trovata morta nella villetta di famiglia a Garlasco.
«I signori Poggi avevano una stanza matrimoniale, ma Marco non era con loro. Nemmeno i Biasibetti. Ne sono sicuro: conoscevo bene quella famiglia», racconta oggi il gestore, che ricorda anche il momento in cui i genitori di Chiara ricevettero la terribile notizia della morte della figlia.
Un elemento che, se confermato, smentirebbe l’alibi storico del fratello della vittima, dato per certo sin dalle prime fasi dell’inchiesta. Secondo la ricostruzione ufficiale, Marco si trovava in vacanza con i genitori e l’amico Alessandro Biasibetti, oggi frate, proprio nella struttura trentina. Un’informazione mai verificata dagli inquirenti dell’epoca con il personale dell’albergo.
Un alibi traballante e nessuna verifica iniziale
Il dettaglio sollevato dalla testata Giallo riapre un nodo rimasto in ombra per anni: nessun investigatore – né subito dopo l’omicidio, né in seguito – avrebbe mai contattato l’albergatore per accertare la presenza effettiva di Marco Poggi e dei Biasibetti nella struttura.
«Ricordo bene il giorno della tragedia, perché i Poggi ricevettero la telefonata e partirono in fretta. Ma Marco non lo vidi mai, e dei Biasibetti non ho mai sentito parlare», aggiunge il gestore, che specifica come conoscesse la famiglia da tempo.
Una dimenticanza investigativa, o forse un dettaglio ritenuto all’epoca non rilevante, che oggi acquisisce un peso potenzialmente determinante alla luce delle nuove indagini in corso.
Un nuovo indagato e il ritorno dei sospetti
Il nuovo filone d’inchiesta ha portato l’indagine sull’omicidio di Chiara Poggi a un punto di svolta. Dopo anni in cui l’unico nome iscritto nel registro degli indagati era quello di Alberto Stasi, all’epoca dei fatti fidanzato della vittima, ora l’attenzione si concentra su Andrea Sempio, amico stretto proprio di Marco Poggi.
Sempio era già stato coinvolto indirettamente nel 2016, quando un consulente di parte fece analizzare un profilo genetico trovato sotto le unghie di Chiara, compatibile con il suo DNA. Ma all’epoca la Procura escluse ogni coinvolgimento. Oggi, però, le cose sono cambiate: il suo nome è ora formalmente iscritto nel registro degli indagati per omicidio in concorso.
Il contesto, dunque, si complica. Se l’alibi di Marco Poggi dovesse risultare falso, si aprirebbe un nuovo capitolo anche sul ruolo delle persone vicine alla vittima, sia sul piano delle frequentazioni che su quello dei possibili moventi.
Il peso del tempo e i silenzi rimasti
Per anni, l’attenzione pubblica e giudiziaria si è concentrata su Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per omicidio volontario nel 2015. Una condanna mai pienamente accettata da parte dell’opinione pubblica, che ha continuato a interrogarsi su anomalie investigative, prove discutibili e alibi non verificati.
La nuova testimonianza rischia ora di riaprire ferite mai rimarginate e sollevare interrogativi su quanto altro non sia mai stato controllato con la dovuta attenzione. Perché nessuno ha mai ascoltato il gestore dell’albergo? Come è stato possibile costruire un alibi solido sulla base di dichiarazioni mai confermate?
Chi era presente davvero quel giorno?
Il 13 agosto 2007, secondo le ricostruzioni ufficiali, la casa di Garlasco dove viveva Chiara era chiusa a chiave dall’esterno, il che aveva contribuito a consolidare la pista che portava ad Alberto Stasi. Eppure, le nuove indagini puntano a verificare l’ipotesi di una seconda presenza, forse più vicina di quanto immaginato.
Se Marco Poggi non era in Trentino, dove si trovava? Chi può confermare i suoi spostamenti nelle ore precedenti e successive al delitto? E perché non si è mai pensato di approfondire questi aspetti prima?
Domande che oggi tornano ad avere rilevanza cruciale, anche alla luce della possibile responsabilità in concorso di più soggetti, e della ricostruzione alternativa dei fatti che la Procura di Pavia sembra voler esplorare.
Un sistema investigativo da rivedere?
La testimonianza dell’albergatore potrebbe sembrare, a prima vista, solo un dettaglio dimenticato. Ma nella logica di un’indagine per omicidio, ogni elemento trascurato può rappresentare un tassello decisivo. È lecito oggi domandarsi quanti altri “dettagli” non siano mai stati approfonditi.
Inoltre, il fatto che una fonte potenzialmente decisiva sia emersa soltanto dopo 18 anni, per iniziativa di un settimanale e non degli investigatori, mette sotto accusa anche il sistema investigativo del tempo, forse troppo focalizzato sulla pista principale.
Cosa accadrà adesso
La Procura di Pavia sta vagliando le nuove testimonianze e valutando l’eventuale apertura di ulteriori filoni d’indagine, anche alla luce dei tempi di prescrizione per eventuali reati collegati. Se dovessero emergere riscontri oggettivi alla versione del gestore dell’hotel, è plausibile che Marco Poggi possa essere convocato per chiarimenti.
Nel frattempo, l’opinione pubblica resta sospesa, tra la necessità di giustizia e la frustrazione per una verità che continua a sfuggire.
Il futuro del caso Garlasco
Il delitto di Chiara Poggi è uno di quei casi destinati a non essere dimenticati, sia per la brutalità dell’omicidio che per le zone d’ombra rimaste intatte. Le indagini riaperte e le nuove testimonianze potrebbero finalmente portare a una comprensione più completa di quanto accaduto quel giorno.
Ma per farlo sarà necessario riaprire anche mentalmente il processo di accertamento dei fatti, accettando l’idea che la verità possa non coincidere con quanto finora stabilito.
Se davvero l’alibi di Marco Poggi crollasse, cambierebbe tutto. Non solo per la giustizia, ma anche per la memoria di Chiara, che merita, oggi più che mai, una verità piena e limpida.