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Un’aula universitaria, un progetto di tesi, una giovane donna piena di entusiasmo per il futuro. Sara Campanella, la studentessa di 22 anni brutalmente uccisa a coltellate lo scorso 31 marzo a Messina, riceverà la laurea alla memoria. Lo ha annunciato, durante i funerali celebrati a Misilmeri, la rettrice dell’Università di Messina, Giovanna Spatari, spiegando che è stato avviato l’iter per il conferimento del titolo accademico postumo.
Sara era prossima alla laurea. Era in regola con gli esami, rispettava i tempi del percorso universitario, svolgeva il tirocinio presso il Policlinico e, soprattutto, aveva già scelto il tema della sua tesi. Un progetto sperimentale in oncologia, che voleva sviluppare con l’aiuto di un professore che stimava profondamente.
Durante le esequie, la rettrice ha letto ad alta voce l’email che la giovane aveva inviato al docente per proporgli di seguirla nel lavoro finale:
“Gentile professore, sono Sara Campanella, una studentessa del terzo anno iscritta al suo corso. Purtroppo non ho potuto partecipare alla sua prima lezione, ma appena ne ho avuto l’opportunità sono rimasta molto colpita dalla sua capacità di trasmettere il sapere e l’amore per la materia. Per questo motivo, mi piacerebbe realizzare la tesi di laurea con la sua guida”.
Parole semplici, che trasudano rispetto per lo studio, voglia di fare, sogni. Il sogno di una ragazza brillante, interrotto con brutale violenza.
L’omicidio e l’orrore
Il 31 marzo, nella residenza universitaria dove entrambi vivevano a Messina, Sara è stata assassinata da Stefano Argentino, suo compagno di corso. La giovane sarebbe stata tormentata da lui da almeno due anni, secondo quanto riferito da conoscenti e colleghi.
Quel giorno, Argentino ha colpito Sara con un coltello da cucina. Non ci sono stati testimoni diretti: solo dopo, nell’orrore emerso dai racconti degli amici, si è ricostruito un clima di paura e disagio. L’aggressore è ora in custodia cautelare in carcere, dove ha anche iniziato uno sciopero della fame, affermando di “voler morire”.
“Sara era amata, tutti le volevano bene”
A Fanpage.it, la professoressa Pasqualina Laganà, docente dell’Ateneo messinese, ha raccontato chi era davvero Sara:
“Era una studentessa preparata, in regola con tutti gli esami, appassionata e determinata. I colleghi del Policlinico, dove svolgeva il tirocinio, le volevano bene. Tutti, tranne uno”.
Un dettaglio carico di significato e inquietudine. In quelle parole si legge anche il dispiacere per non aver colto per tempo il pericolo che incombeva sulla giovane.
Laganà ha anche raccontato di aver parlato con la madre di Sara: una donna distrutta dal dolore, che però ha voluto sottolineare quanto la figlia fosse entusiasta degli studi, e quanto fosse felice del percorso che stava facendo.
L’ultimo saluto a Misilmeri
I funerali si sono tenuti nella chiesa madre di Misilmeri, il paese d’origine di Sara. Una folla immensa ha riempito la piazza. Familiari, amici, compagni di università, docenti, cittadini comuni. Un’intera comunità colpita al cuore da una tragedia assurda.
Alla fine della cerimonia, lettere, pensieri, abbracci e lacrime. Poi, un lungo applauso ha accompagnato l’uscita della bara bianca, mentre in cielo si alzavano palloncini bianchi, simbolo di purezza e giovinezza spezzata.
Un momento commovente e silenzioso, seguito dal trasferimento della salma al cimitero.
Una laurea per dire: “Sara esiste, anche se non c’è più”
La decisione dell’Ateneo di conferire la laurea alla memoria non è solo simbolica. È un modo per onorare la persona, la studentessa, il sogno spezzato, ma anche per accendere una luce su un tema che scuote le coscienze: la violenza sulle donne tra le mura universitarie, tra i banchi, nei luoghi che dovrebbero essere spazi sicuri.
Sara è diventata, suo malgrado, il volto di una generazione che pretende ascolto, protezione, futuro. E la sua università ha scelto di non lasciarla sola nemmeno adesso.
“Sara è una nostra studentessa – ha detto la rettrice Spatari – e continuerà a esserlo. Lavoreremo per dare concretezza ai suoi ideali e alle sue passioni”.