Per quasi 18 anni, una giovane di origini cinesi è stata costretta a vivere e lavorare in condizioni di sfruttamento in una fabbrica tessile clandestina nella Bassa pianura lombarda, senza mai andare a scuola né ricevere assistenza medica.

La scoperta del caso

La ragazza, oggi maggiorenne, è stata ritrovata alcuni mesi fa in un laboratorio clandestino a Mazzano, in provincia di Brescia, durante un blitz della polizia locale e della guardia di finanza. Le indagini hanno rivelato che l’unico documento ufficiale a suo nome è un certificato di nascita del 2006, registrato a Rovigo. Da allora, nessuna traccia della sua esistenza: né certificati scolastici, né medici, né relazioni sociali.

Un passato di sfruttamento

La madre, anch’essa operaia nella fabbrica, ha condiviso con la figlia un’esistenza di duro sfruttamento. Le due si sono spostate tra vari laboratori illegali in Veneto e Lombardia, lavorando e vivendo in condizioni precarie, dormendo su giacigli improvvisati.

Il futuro della ragazza

Attualmente, la giovane è affidata alla Questura e al tribunale di Brescia, che stanno lavorando per rilasciarle i documenti necessari per costruirsi una nuova vita fuori dall’ombra dello sfruttamento. Tuttavia, il caso solleva un interrogativo inquietante: quante altre “ragazze fantasma” vivono ancora segregate in fabbriche clandestine nel Nord Italia?

Un’indagine che non si limita a raccontare una singola storia, ma che mette in luce un problema strutturale di sfruttamento nascosto tra le pieghe della legalità.